Ormai la violenza dilaga al cinema, o forse credo che sia stata sempre presente, sotto ogni forma. Eppure la violenza per una certa cinematografia non è solo un pretesto o uno schizzo di sangue. La violenza avvolte diventa tema, soggetto attivo del racconto e manifestazione/rappresentazione ultima della realtà. La rappresentazione classica ha sempre messo da una parte il carnefice e da una parte la vittima, ma oggi la modernità o meglio la post-modernità hanno rivalutato tale gerarchia inserendo anche un terzo soggetto: lo spettatore. Lo spettatore è vittima o carnefice! Il mio parere è che i ruoli si scambiano nello spettatore, esso è pur sempre li. E' ognipresente e di conseguenza è complice nella violenza rappresentata. Ma in questo processo si inserisce il quarto ed ultimo soggetto: il regista, dove il suo vero gioco è quello di rendere complice lo spettatore, per poi tradirlo e renderlo un soggetto passivo di violenza.
Con Ulrich Muehe, Susanne Lothar, Arno Frisch, Stefan Clapczynski
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Faccio riferimento al primo dei due Funny Games. Precisamente la versiona austriaca del '97. Il film di Haneke è un caso encicolopedico o meglio da manuale. Il suo è un tentativo estremo di teorizzare la violenza, quella fisica, reale, mentale, cinematografica. Un trattato più unico che raro, una testimonianza crudele, implicità, lucida. In Haneke la violenza è sempre fuori campo a dimostrazione del fatto che essa non è mai gratuita, pornografica. Ma lo spettatore è li presente, vittima e carnefice allo stesso tempo. Scappare non serve, sarebbe da ipocriti!!!
Con Dustin Hoffman, Susan George, Peter Vaughan, Thomas Patrick McKenna, Del Henney
Di questo film si parla poco eppure è ancora di un'attualità sconcertante. Il film di Peckinpha è tra più violenti della storia del cinema e mio parere supera di gran lunga lo stile pop e iperrealistico di Arancia Meccanica. Qui entriamo nel reale, nella carnalità e crudeltà della violenza. A colpire allo stomoco è soprattutto la scena dello stupro, tema caro al regista. Ma il culmine è ovviamente la strage compiuta per mano del personaggio di Dustin Hoffman. Per Packinpha non ci sono mezze misure nella vita e in ogni caso è pur sempre una lotta per la sopravvivenza!!!
Come ho detto prima, qui ci troviamo in campo pop, ma nonostante tutto Arancia meccanica non è solo un cult generazionale, è un film violento ed è talmente violento da risultare pericoloso. E' vero i tempi sono cambiati, ma la forza del film spinse ai suoi tempi a costringere le autorità inglesi a ritirare il film per anni, in quanto il suo risulatato fu l'imitazione da parte di alcune bande di ragazzi che andavano in giro per l'Inghilterra a picchiare e stuprare gente! Sappiamo bene che gli intenti di Kubrick erano opposti, ma le conseguenze sociali del film non vanno affatto trascurati.
Forse mi riferisco più al libro di McCarthy che non al film dei Coen, ma citando una filmografia sulla violenza è necessario parlare della figura di Anton Chigurh, interpretato magistralmente da Javier Barden. Questa figura così anomala eppure così vera è una rappresentazione perfetta del male che regna nel uomo e della violenza che ne scaturisce. Chigurh non è solo un personaggio violento, ma è la violenza (pur sempre nichilista) che crea il personaggio.
Con Kang-ho Song, Ha-kyun Shin, Du-na Bae, Ji-Eun Lim, Bo-bae Han
Cito questo film solo perchè credo sia il migliore della trilogia della vendetta di Park Chan - Wook, eppure in questa play list entrerebbe perfettamente l'intera trilogia dela vendetta : Mr vendetta, Old Boy, Lady Vendetta. Ognuno di questi film ha un pretesto: raccontare storie di vendetta per analizzare il male e un lato ancora più oscuro e impulsivo che è quello della violenza. La vendetta è solo il filo rosso che lega il discorso. Ma a dominare in questi film di Park Chan - Wook è la pura violenza, avvolte un pò occidentalizzata, ma mai banale e sempre disturbante, malata, ossessionata. Come dei denti staccati con un martello!!!
Per questo film riporto le parole usate dalla stessa critica di film tv: "Una pellicola sulla malattia dell'uomo e sul corrispondente cancro della modernità, ma soprattutto un chirurgico e sincero invito a prendere possesso della propria carne: inteso come consapevolezza, coscienza di corpi (e di esistenze) segnati da cicatrici, mancanze e distruzioni; anzi, maggiormente per questo motivo." La malattia dell'uomo e la sua conseguente violenza sui soi simili. Impressionante
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