Dalla Qasba algerina, assemblata con frammenti di Algeri, Marsiglia e location ricostruite in studio, Duvivier traccia le linee guida di un genere che avrà in Gabin e nella mitologia del fallimento due colonne portanti. Seminale.
Le pietre miliari nella storia del genere dagli anni '30 agli anni '90. Un polar per decennio: "Pépé le Moko" (1936) di Julien Duvivier, "Quai des orfèvres" (1947) di Henri-Georges Clouzot, "Grisbi" (1954) di Jacques Becker, "Le deuxième souffle" (1966) di Jean-Pierre Melville, "Série noire" (1979) di Alain Corneau, "Les ripoux" (1984) di Claude Zidi e "L.627" (1992) di Bertrand Tavernier. Sette titoli che, in modi estremamente diversi ma ugualmente importanti, hanno segnato in modo indelebile l'immaginario polar, forgiandolo, fissandolo e stravolgendolo. Dal realismo poetico di Duvivier al realismo mimetico di Tavernier, passando per la mitografia del milieu di Becker e l'apologia tragica di Melville. Lirismo e cinismo, sentimenti e tradimenti, nevrosi e spirito di adattamento: sotto i ruoli sociali, l'umanità.
Playlist film
Capo d'opera di Clouzot e ritratto implacabilmente lucido della Francia del dopoguerra, "Quai des Orfèvres" stabilisce il modello dell'ispettore scettico, mal pagato e disilluso difensore dell'ordine borghese. Nerissimo.
"PARIGI 1953 nell'ambiente della mala". Incipit emblematico: il polar di Becker, popolato esclusivamente da truands e interpretato monumentalmente da Gabin, forgia l'iconografia del milieu. Night club e strade immerse in atmosfere malinconiche. Fondativo.
Dal romanzo di José Giovanni "Le deuxième souffle", "le patron" Melville ricava il polar più complesso, ambiguo e disperatamente tragico dell'intera storia del genere. Definitivo.
Dopo Melville non c'è più spazio per la tragedia: il polar si tinge di grottesco. Adattando "A Hell of a Woman" di Jim Thompson, Corneau indovina il neopolar perfetto: protagonista svitato, ambientazione straniante e assurdità dilagante. Surreale.
Soltanto un termine in verlan ("ripoux" = "pourri", corrotto) poteva suggerire l'inversione di tendenza compiuta da Claude Zidi. Per l'ispettore Boisrond, interpretato da Noiret, c'è una sola cosa che non può aspettare: l'abbuffata. Anticonvenzionale.
Tavernier va ancora più in basso di Zidi: camera ad alzo zero, si cala nella lotta quotidiana alla droga della "Brigata stupefacenti" di Parigi. Tra appostamenti, pedinamenti e verbali, "L.627" porta il genere alle soglie della realtà. Documentaristico.
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