Il noir vive la sua stagione d’oro nella Hollywood degli anni 40 e 50. Nasce dall’eredità dell’espressionismo tedesco e dall’incontro con una letteratura ora alta, ora pulp. Grandi registi prendono in mano questi libri, non tradiscono la carta stampata e spesso sfornano opere anche migliori. Un sapiente uso del bianco e nero ci restituisce le atmosfere violente di quella letteratura e ci consegna pellicole indelebili, dagli occhi e dal cuore.
Chandler scrisse: “Hammet ha tirato fuori il crimine da un vaso di cristallo e lo ha gettato sulla strada. Huston e Bogart lo hanno raccolto e gli hanno impresso il sigillo della poesia.”
Cain sceneggiato da Chandler. Wilder ne trae quello che è stato definito “il noir perfetto”, in cui non c’è un personaggio spiccatamente positivo in un dramma dalle tinte forti e perverse.
Hawks, disperato, chiamò Chandler sul set per chiedere spiegazioni sull’ingarbugliatissima trama: “Non ci capisco nulla, Raymond”. “Neppure io!” rispose Chandler.
Da un romanzo dimenticato di McGivern, Lang costruisce un film in anticipo sui tempi, violento e aggressivo. Indimenticabile la Grahame con metà volto deturpato.
Welles non lesse neppure il romanzo di Masterson. Il suo genio ne fece un noir sull’ambiguità del male con personaggi iconograficamente indimenticabili.
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