Degenerazioni urbanistiche dei "grands ensembles" di ispirazione lecorbusieriana, le banlieues sono diventate il segno architettonico più imponente e visibile delle contraddizioni sociali della Francia contemporanea. Da una parte il centro e i quartieri residenziali dei ricchi, dall'altra, distanziate dalle città anche di quaranta-cinquanta chilometri, le citées dei casermoni HLM (Habitation à Loyer
Modéré) abitate da più di venti milioni di francesi (beur di seconda e terza generazione ma non solo). Chiamata "ceinture noire de la misère" fino agli anni '30, a partire dal 1996 gran parte della banlieue parigina è stata contrassegnata come "Zona Urbana Sensibile" (ZUS). Tempestivamente, il cinema francese
ha intercettato le crescenti tensioni sociali in atto e ha iniziato a interrogare questo territorio decentrato, dando vita a quello che è stato poi definito "cinéma de banlieue". Ecco sette film che "mappano" cinematograficamente la banlieue parigina tra tentazioni semplificatorie, assalti frontali, esplorazioni liberatorie e spettacolarizzazioni regressive. In rigoroso ordine cronologico: "L'odio" (1995); "Ma 6-T va crack-er" (1997); "De l'amour" (2001); "Le cercle de la haine" (2003), "La schivata" (2003); "Banlieue 13" (2004); "Paris, je t'aime" (2006). Visioni periferiche di una realtà in continua trasformazione.
Il film di Kasso sdogana il "cinéma de banlieue", ma si tratta di un fumettone che ri(con)duce un "disagio di classe, sociale e territoriale" (Richet) al problema razziale. La sua cité è in bianco e nero: nessuna sfumatura, nessuna prospettiva politica.
Con Hamouda Bouras, Arco Descat C., Peterasta, Jean-François Richet
La risposta "dal di dentro" a Kasso: Richet si getta nella mischia e gira furiosamente. Ma è una furia molto meno cieca di quanto sembri, il suo cineteppismo colpisce i punti critici: segregazione scolastica e poliziesca, territorializzazione del disagio.
Ancora uno spazio chiuso - il cerchio - come immagine emblematica della vita nella banlieue. La docufiction del gruppo rap "La Brigade" è ingenua ma coinvolgente: spezzare il cerchio dell'odio significa "dare spazio" alle voci più eterogenee.
Con Osman Elkharraz, Sara Forestier, Sabrina Ouazani, Nanou Benhamou
Il capolavoro di Kechiche è pura deriva: scolastica, teatrale, sentimentale, territoriale. La sua complessità sta proprio nello spaziare liberamente nella banlieue: nessuna dimensione è negata a Krimo e ai suoi "potes". La cité si fa spazio abitabile.
La spettacolarizzazione ludico-atletica della banlieue. Il film di Morel mostra le pratiche di assimilazione dello spazio da parte della società dello spettacolo. La cité si riduce a palestra di parkour per le evoluzioni ginniche del traceur David Bell.
Con Fanny Ardant, Juliette Binoche, Steve Buscemi, Sergio Castellitto, Willem Dafoe
"Loin du 16e", episodio di Walter Salles. Il rovescio di "Banlieue 13", ovvero l'appropriazione dello spazio da parte del cinema malamente politicizzato. La cité è visivamente accennata, a darle senso bastano gli stereotipi culturali. Abominevole.
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