Simboli di fatale ineluttabilità, ideali percorsi di rigenerazione morale o semplici vettori di tensione drammatica, i binari attraversano l'intera storia del cinema, dal pionieristico “L'assalto al treno” (1903) di Edwin S. Porter al nichilistico “L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford” (2007) di Andrew Dominik, passando per l'epica elegiaca di “C'era una volta il West” (1968) di Sergio Leone e per la crudele epopea de “I cancelli del cielo” (1980) di Michael Cimino. Ecco sette titoli diversissimi tra loro pescati aleatoriamente nella mia cineteca personale: a questi è impossibile non aggiungere lo scambio ferroviario di favori di “Strangers on a Train” (1951) di Alfred Hitchcock, emblematicamente rappresentato da rotaie che si intersecano sui titoli di testa, e la fenomenale rapina di “Notte sulla città” (1972) di Jean-Pierre Melville, girata in acrobatica presa diretta. Buon viaggio.
Il determinismo di Zola si inferocisce nell'assordante trascrizione di Jean Renoir: “La Bête humaine” corre su binari dai quali è impossibile scartare, la sola via d'uscita è saltare giù dal treno. E, finalmente, sorridere.
Con Pietro Germi, Sylva Koscina, Luisa Della Noce, Saro Urzì, Carlo Giuffrè, Amedeo Trilli
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Qui, paradossalmente, le rotaie sono sinonimo di insicurezza: Germi fa del tracciato ferroviario un percorso costellato di pericoli, sviste e ripensamenti. Le certezze del Neorealismo non potrebbero essere sgretolate in modo più tuonante.
Il convoglio come campo di battaglia e dispositivo drammatico. Recuperare le opere d'arte confiscate dai nazisti significa difendere la libertà e ingaggiare una corsa contro il tempo. Per Frankenheimer, regista liberal e tumultuoso, nulla di più naturale.
Con Flavio Bucci, Macha Meril, Enrico Maria Salerno, Franco Fabrizi, Gianfranco De Grassi
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In questo misconosciuto esercizio di crudeltà, Aldo Lado fa della carrozza ferroviaria il teatro di uno dei giochi al massacro più claustrofobici di sempre. Lo scompartimento della morte: primo atto di un Rape & Revenge che degenererà in macelleria.
Si ha un bel dire che quello di Cosmatos sia un “convenzionale film catastrofico-fantapolitico” (Mereghetti): visto in età prepuberale come è successo a me, il segno lo lascia eccome. Un segno di tragica, blindata ineluttabilità.
Regia di Ermanno Olmi, Abbas Kiarostami, Ken Loach
Con Valeria Bruni Tedeschi, Carlo Delle Piane, Martin Compston, Silvana De Santis
Film a episodi che non nasconde la sua natura di gigantesco spot pubblicitario. Eppure, nella sua programmaticità, “Tickets” è percorso da un inconfessato desiderio di deragliamento che trova valvola di sfogo nell'episodio escapista di Loach.
La metafora è già incanalata sui giusti binari: il “Polar Express” è platealmente, sfacciatamente, il vettore fantastico per l'evasione da un cinema limitato dalla sua base cinematografica. Treno come (falso) movimento verso il post-cinema. Magico Zem.
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