E' di questi giorni, ma forse voi cinefili ben più assennati di me ne avevate già sentito parlare, la notizia della messa in pellicola di un dramma di Tennessee Williams dal titolo "The loss of the teardrop diamond", in italiano "La perdita del dimante a goccia" appunto. La pièce venne scritta negli anni '50 durante le frequentazioni marlonbrandesche di "Un tram che si chiama desiderio" e "Pelle di serpente" e prende corpo dalla figura stessa di Marlon Brando a cui era destinato il ruolo principale. Causa una serie di incomprensioni e la mancata partecipazione di Brando al progetto di realizzazione il testo non è mai stato trasposto al cinema fino a oggi (credo che addirittura sia stato scarsamente rappresentato anche in patria dove, eppure, Williams continua a imperversare nei teatri). Al posto di Brando, che non possiamo (purtroppo) riesumare e riportare agli albori della carriera, è stato scelto Chris Evans, uno dei fantastici quattro, in assenza di meglio ci accontentiamo (io non lo conosco affatto , ma spero che non si faccia ingombrare dall'illustre predecessore e dia al personaggio qualcosa di personale, chissà potrebbe stupirci). La parte della giovane ereditiera senza scrupoli è toccata a Bryce Dallas Howard, che forse a tutt'oggi risulta essere un tantino sopravvalutata (anche se l'ho apprezzata e non poco per come ha giostrato il suo doppio personaggio in "As you like it - come vi piace"), ma che non silurerei anzitempo visto il piglio, talvolta malefico (e a questo giro credo ne servirà parecchio) di cui è provvisto il suo arsenale di attrice. Staremo a vedere, certo sarà una bella soddisfazione far rilucere ancora una volta sullo schermo gli intrecci di uno degli autori teatrali più importanti del secolo scorso, adesso a mio avviso bistrattato a torto da quella parte della drammaturgia che si concentra più che altro sull'immagine e sempre meno sull'importanza della parola come gesto teatrale (ma non in tutte le parti del mondo è così per fortuna). Brindo al ringardismo e a tutti coloro che ne sono afflitti, è un privilegio che non è concesso a tutti.
Il giardino di Sebastian è un cogiuolo di ragguardevoli mostruosità. Se poi c'è anche Miss Hepburn a orchestrarne i nascosti istinti cannibali allora l'insieme è decisamente pericoloso.
Con Anna Magnani, Burt Lancaster, Marisa Pavan, Jo Van Fleet
Ancora più claustrofobico e asfissiante del dramma da cui è tratto, sono rimasto senza fiato al cospetto dello sguardo vitreo di Anna Magnani che vede fiorire la rosa tatuata su un altro corpo...un corpo di donna.
Bestialmente Ringard con quel tocco di isteria da post sbronza che affligge, sovente, le signore di una certa età rinnegate dal proprio passato. Bellissimo il finale inedito proposto da Brooks che fa da contraltare all'intera vicenda.
Con Joanne Woodward, John Malkovich, Karen Allen, James Naughton
Forse il dramma di Williams più rappersentato, parto del periodo successivo all'attivismo politico degli anni '30. Newman gli conferisce uno stile sobrio che la Woodward tenta williamsianamente di sovvertire.
Con Elizabeth Taylor, Richard Burton, Noel Coward, Joanna Shimkus
Da un atto unico un esperimento forse non troppo riuscito di cui nemmeno Williams rimase soddisfatto. Se non altro si apprezza l'alchimia tra Burton e la Taylor, un'intesa d'amore più che di vero e proprio rigore attoriale.
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