Ovvero: la dietrologia non vien per nuocere.
Nel corso di un soleggiato pomeriggio di primavera una macchina, feticcio novecentesco per antonomasia, sfreccia lungo il rettilineo dell' esistenza veicolando due menti, due corpi, due anime. Le anime della "signora in giallo" e del baldo Ambrogio. Due classi sociali, due stili di vita e due epoche messe a confronto.
Ambrogio ha all' attivo lo spot di gran lunga più ricco di probi sentimenti e di profonde incertezze di tutta la feconda produzione televisiva contemporanea; un poderoso affresco umano sull' incomunicabiltà riassunto in pochi istanti e con perfetta confezione che illustra magistralmente sia il volubile comportamento della borghesia decadente,votata all'edonismo arrembante e alla vacuità più alienante, sia la triste condizione dei ceti subalterni sospesi tra l'asservimento al bisogno e gli aneliti verso una rivoluzione dei valori, per finire con la catarsi espressa attraverso l' allegoria dell' apparentemente banale prodotto di consumo con cui s'esalta l'osceno strumento d'una ben più radicale liberazione.
La storia è semplice, ma efficace: la ricca contessa, bella e senza età sfarfalla in voile giallo canarino tra i fiori carnosi dell suo Eden principesco; rappresenta l'opulenza del plusvalore che rende l' esistenza spensierata; ella non è malvagia per natura, ma frivola , vanesia, sciocchina, amante del frizzo e del lazzo .
Di contro c'è Ambrogio,figura quasi antitetica, gonfio di un certo revanchismo populista latente, in plumbea divisa da lacché.L'autista attempato e fedele che segue premuroso i volteggi della padrona tra le fronde, ne spia col volger degli occhi le aggraziate movenze senza che una sola espressione espressione traspaia dal volto antico e severo.Egli mantiene la sua posizione con ragguardevole dignità. È palese il suo retaggio di generazioni di origine contadina, avvezza al manico della vanga ed al cagare all' aria aperta, ai fasti della polenta asciutta (gialla, anch'essa), ma provvida e saggia dell'esperienza atavica sviluppata nel contatto con la terra.
Ed ecco che la magnifica, la quale vista da vicino denuncia all'occhio clinico i segni della propensione al vizio(nascondeva la coca nel portabombon), , alla corruttela,alla
lascivia immonda e alla fellatio d'alto lignaggio, s'accosta ad 'Ambrogio, questo Mellors moderno e ormai vegliardo, e maliziosetta gli manifesta: "Ambrogio... avrei un certo languorino..." Lo scaltro spettatore, a questa dichiarazione, non trattiene un primo sobbalzo: il languore estemporaneo della bella dama da quali oscuri recessi delle viscere promana? È esso un solletichino allo stomaco provocato dal rigoroso regime alimentare con cui la vezzosa preserva le sue avvenenti forme, oppure un vagito di piacere che risale timidamente, pacatamente, serenamente le pareti accidentate della sua consumata po(r)t(t)a?
La famiglia italiana media segue con indicibile apprensione sul video il dipanarsi della vicenda e una forte parossismo attraversa il mondo dei teleutenti come durante un comunicato del Quirinale . Ma l'Ambrogio non si scompone ( conosce perfettamente le sue galline ) e quando la pottivaga ondivaga dichiara svenevole che
a turbare la sua perenne quieta non è la fame, egli conferma trattarsi piuttosto di una vaga voglia di " qualcosa di buono", sollevando così dalle ambasce psichiatri, casalinghe, metallari, lesbiche, radical-chich impenitenti, emofiliaci,religiosi, accattoni, assassini, tossicodipendenti, Franco Van Patten,,metalmeccanici, studenti medi, e attenti osservatori di costume , giovani, cinici, idealisti pidiessini, i quale sentenziano gnomici e baldanzosi:"E' voglia di cazzo!".
E a questo punto si celebra il Trionfo dell'Allegoria; l'Ambrogio, da cui tutti si aspettanoil provvidenziale e teatrale sguainamento di una fava proletaria,di una colonna turgida e nerboruta, di un' asta della picca vibrante e grondante piacere impiacentito, disarmante e inamovibile come un asso di bastoni, propone invece alla maliarda una piccola piramide di "cappelliformi"bombon involti in aurea stagnola catafratta (quelli pure gialli), dall'aspettosuadente e penetrante. Metafora di una solenne, belluina, catartica trombata tra questa Lady Chatterley meneghina, questa stupenda S' ignora che non ha mai visto Carmelo Bene, ed il suo responsabile guardafica o di essa noccioloso, croccante,invitante, perturbante,calorico, dolce surrogato? Il Divino Architetto che manovra i destini dei protagonisti degli spots pubblicitari ci lascia nel dubbio e ci costringe ad almanaccare con l'immaginazione dietro a ciò che non si vede; allora ci sarà chi (mamme, zie, nonne, cattolici del dissenso, omeopatici, ecologisti, psicopatici) suppone che alla fine la fatalona abbia semplicemente degustato un cioccolatino, chi (scettici, sindacalisti, pubblico impiego, anziani porconi, Franco Van Patten) è certo che ella invece sia stata gagliardamente infiocinata dal possente Ambrogio. E chi infine (professionisti, eminenti prelati, management d'alto bordo, il pappone che stupra la Bellucci in "Irreversible") è disposto a giurare che la vaporosa abbia prima gustato diverse spanne di verace, pulsante e venosa nerchia e poi si sia rifatta la bocca con il delicato dolcetto.
Né l'enigma si chiarisce con l'epilogo della vicenda che ci mostra la sinforosa appagata mentre sfiora il nostro ormai sorridente e rassegnato ma consapevole chauffeur e lo gratifica con un: "Tu pensi proprio a tutto, Ambrogio..." In quel momento siamo tutti con te, Ambrogio, e anche se non ti promettiamo di comprare quella rinomata marca di cioccolatini o di ricordarne almeno il nome, apprezziamo il tuo contributo all'emancipazione delle classi lavoratrici che secondo indagini recenti dell'Istituto "La Sapienza" passa anche attraverso la potta della moglie del padrone.
Ed è proprio nel dubbio e nella stupefacente incertezza che risiede la beltà di questo cimelio televisivo, di questo frammento di passato, di questo documento storico. Un grande pezzo di Cinema. Forse troppo grande per essere contenuto da un televisore.
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