Oggi è il super martedì per gli USA. In molti stati dell’Unione si votano le primarie che porteranno alla designazione dei candidati dei due poli politici americani. I repubblicani, dopo le due terribili legislature col guerrafondaio George W.Bush, non sapendo che pesci pigliare, si affidano al verace settantenne John McCain, eroe della guerra del Vietnam, dove fu imprigionato e ferito. È lui la vera sorpresa di questa tornata elettorale: nonostante il sottoscritto non si riconosca nella cultura che McCain rappresenta, trovo che questo vecchio e ferreo uomo sia l’unica chance che l’elefantino può giocarsi se vuole seriamente trionfare. È un uomo del popolo, che non è mai sceso in intralazzi di potere, un tipo fumino dalle idee non necessariamente conservatrici. Li ha schiacciati quasi tutti, i suoi avversari, a partire dal pompatissimo Rudy Giuliani, l’eroe del post 11 settembre, candidato alla presidenza da molto tempo e irrimediabilmente sgonfiatosi; ha dato l’appoggio all’ex soldato e gli ha quindi assicurato il suo contado newyorkese; ha praticamente eliminato uno dei due candidati religiosi, Mike Huckabee, l’ex obeso della rinomata stirpe del “Dio, patria e famiglia”; ha spazzato via l’attore di “Law&Order” Fred Thompson, uno che avrebbe desiderato essere il nuovo Ronald Reagen. Rimane in gara l’altro religioso, il mormone Mitt Romney, troppo funzionario, troppo politico, troppo precisino per sfondare. Se i repubblicani si schiereranno, molto probabilmente, con McCain, assai più ardua è la partita dei Democratici. Il partito dell’Asinello ha in mano la possibilità di cambiare la storia del mondo: ha a disposizione due candidati atipici, una donna e un nero. La donna in questione è Hillary Rhodam, per tutti Clinton, già padrona della Casa Bianca per otto anni al fianco del marito Bill. Paladina della battaglia per la riforma del sistema sanitario, simbolo per tutte le mogli tradite, esempio di come ci si possa emancipare dalla figura del coniuge, Hillary è la persona più indicata ad occupare la Sala Ovale, potendo vantare piglio deciso, arguta intelligenza e lungimiranza invidiabile. I difetti? Mezza America la ama, l’altra mezza la odia. E poi se venisse eletta, gli ultimi vent’anni degli USA risulterebbero governati da due famiglie di opposte fazioni (quattro anni di Bush padre, otto di Bill Clinton, otto di Bush figlio ed eventuali quattro di Hillary). Il contendente è il senatore nero Barack Obama, il liberal che è già entrato nei sogni di Walter Veltroni e di una buona parte di mondo grazie ai suoi discorsi per la libertà, per la difesa dell’uguaglianza, per la pace. Appoggiato dalla stirpe reale delle famiglie americane politiche, i Kennedy, e dalla potentissima anchorwoman della quale ora non mi sovviene disgraziatamente il nome, Obama sta lottando con tenacia e passione contro Hillary, spartendosi il cinquanta per cento dell’elettorato democratico (se fossi americano ne farei orgogliosamente parte). E uscito di scena John Edward, il bel populista anty lobby, la partita si è fatta ancora più aspra. Chi vincerà tra i democrats? Sarà questo super martedì a dircelo? Non sappiamo. Molti sono certi nel dichiarare che, comunque vada, un democratico andrà alla Casa Bianca. Io ci spero, ma siamo sicuri che gli americani sono pronti a far eleggere loro presidente un nero o una donna? Mi dispiace per il simpatico McCain, per niente per Romney, ma io tifo “spudoratamente” per Hillary. E se vincesse Barack, poco male: comunque si entrerà nella storia.
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