Donne in amore
- Drammatico
- Gran Bretagna
- durata 133'
Titolo originale Women in Love
Regia di Ken Russell
Con Glenda Jackson, Oliver Reed, Alan Bates, Jennie Linden, Eleanor Bron, Alan Webb
La natura e l’istinto
L’immensa Glenda Jackson, tra trasgressioni e feticci!! Un’attrice superlativa e versatile che l’ingrato mondo della celluloide ha lasciato “appassire” troppo precocemente dopo oltre un ventennio di celebrate e indimenticabili “rappresentazioni” di quella sua particolare “arte sublime” del raccontarsi recitando. A lungo musa ispirata (e ispirativa) di gran parte delle “fondamentali” opere di Ken Russell nel periodo del suo massimo splendore (e sua complice persino nell’eccesso e nella provocazione, senza le remore o i falsi pudori dell’ipocrisia in quegli anni imperante) grandiosa “tragica” e strepitosa commediante, è anche al suo nome che è in larga parte legata la rinascita autoriale del cinema inglese nella seconda metà del secolo scorso (free-cinema e conseguenti) a partire dalla sua indimenticabile Carlotta Corday nel “Marat-Sade” di Peter Brook. A parte i successi hollywoodiani più celebrati e conosciuti, e oltre a quel “piccolo pugno” di sette titoli scelti dal paniere fra quelli indispensabili per conoscerla ed apprezzarla nella sua poliedrica disponibilità ad esporsi oltre i limiti dei tabù sessuali allora immarcescibilmente “fecondi” che ha contribuito a “scalzare” (o per lo meno a mettere in discussione, aprendo la strada al “dibattito” e al confronto”), mi piace ricordarla feconda interprete di “Tartaruga ti amerò” e soprattutto di una misconosciuta pellicola di Robert Enders (un nome non secondario nella evoluzione della carriera dell’attrice perché è su un suo testo e grazie a una sua produzione che nel 1973 interpreterà al fianco di Susannah York “Voices: The maids” – presentato a Cannes nel ’74 col titolo di “Conducts unbecoming” - ed è in sua società che nello stesso ’74 costituirà la compagnia di produzione Bowden Films “responsabile” di una inconsueta “Hedda Gabler” di Ibsen realizzata dalla Royal Shakespeare Company – da noi conosciuta come “Il mistero della signora Gabler” -. Sarà poi ancora lui che scriverà e produrrà “Cattive abitudini” che oltre alla carognesca suora della Jackson al topo del suo splendore e delle sue capacità, annovera un cast altrettanto clamoroso che comprende Melina Mercuri, Geraldine Page, Sandy Dennis, Eli Wallack e Rip Torm) vista fortunosamente” a un Florence film festival di molti anni fa: “Stevie” (1978) che narra la storia della poetessa inglese Stevie Smith morta nel 1971 all’età di 68 anni. Una pellicola questa davvero “particolare” intimista e suggestiva. Una biografia molto realistica e decisamente poco romanzata, che privilegia l’evidenziazione minimalista della modestia pudica e poco appariscente di una vita appartata e solitaria, persino routiniera, di una quotidianità ripetitiva, quasi immutabile, fra il consueto tragitto verso la metropolitana per andare al lavoro, i letti da rifare, i pasti da preparare e una zia nubile da custodire e accudire. Una esistenza tranquilla e incolore all’interno della quale fiorisce però il seme di una straordinaria vita interiore che trova spazio e vigore che diventa “comunicazione appassionata” attraverso l’affascinante lessico delle sue poesie e dei sui scritti, al tempo stesso tristi e divertenti (“La vita è come una stazione ferroviaria, il treno della nascita ci porta dentro e il treno della morte ci porta via”). Una poetessa insomma seducente ed accessibile come poche altre, che “sapeva” parlare di cose che riguardano tutti da vicino – la necessità di guardarsi dietro le spalle, il ritorno all’infanzia, l’ansiogeno percorso esistenziale verso l’invecchiamento, l’amore e la morte - con un linguaggio semplice e scarno che contribuisce a fare della poetessa un personaggio insolito e singolare che Ogden Nash definisce così. “ Chi è e che cosa è Stevie Smith? E’ una donna? E’ forse un mito?. Sfugge sempre alla presa come una farfalla o una vespa. Scivola via dal suo cantuccio segreto come uno spirito o uno spettro . Cerca il suo Dio per ossessionarlo, ora per lodarlo, ora per offenderlo. E canta alle spalle dell’Uomo canzoni innocenti come la morte. La sento ancora attraverso il mondo cantare da sotto la collina”.
Titolo originale Women in Love
Regia di Ken Russell
Con Glenda Jackson, Oliver Reed, Alan Bates, Jennie Linden, Eleanor Bron, Alan Webb
La natura e l’istinto
Titolo originale The Music Lovers
Regia di Ken Russell
Con Richard Chamberlain, Glenda Jackson, Max Adrian, Christopher Gable, Izabella Telezynska
Sinteticamente?: “la moglie impazzita, repressa e ossessionata, di un sublime – ed egocentrico – compositore omosessuale”. Una tragedia per due anime in tempesta insomma.
Titolo originale Sunday Bloody Sunday
Regia di John Schlesinger
Con Glenda Jackson, Peter Finch, Murray Head, Daniel Day-Lewis
Un triangolo anomalo e “suggestivo”
Titolo originale The Triple Echo
Regia di Michael Apted
Con Glenda Jackson, Oliver Reed, Brian Deacon, Jenny Lee Wright
Ambiguità di rapporti e di pulsioni. Drammatica deriva di impossibili innamoramenti
Titolo originale The Boy Friend
Regia di Ken Russell
Con Twiggy, Christopher Gable, Max Adrian, Tommy Tune, Glenda Jackson, Bryan Pringle
Fulminante e “sulfurea” caratterizzazione al vetriolo. La conferma che non esistono piccole e grandi parti, ma solo piccoli e grandi interpreti.
Titolo originale Salome's Last Dance
Regia di Ken Russell
Con Glenda Jackson, Stratford Johns, Nickolas Grace
Sensazionale, “putrida” Erodiade travestita da Biancaneve in un laido bordello londinese, diventato luogo scenico per la rappresentazione proibita di un’opera. all’indice
Titolo originale The Rainbow
Regia di Ken Russell
Con Sammi Davis, Paul McGann, Glenda Jackson, Amanda Donohoe, Christopher Gable
Da Lawrence a Lawrence, ma anche da Russell a Russell (ovvero la fine dell’avventura). Il cerchio si chiude e si salda con il ritorno alle origini, quale madre di quell’eroina inquieta che aveva fatto vivere sullo schermo molti anni prima
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