David Hemmings è stato un personaggio singolare che ha cavalcato abbastanza trasversalmente il mondo dello spettacolo. Più volte baciato da circostanze eccezionali che lo hanno portato al clamore della ribalta mediatica persino con eccessiva evidenza, non ha poi avuto la costanza (o le occasioni, o persino la “capacità”) di mantenere attivo nel tempo il suo prestigio, ed anche il suo indubbio fascino è andato progressivamente appannandosi, così come il suo talento, fra eccessi e trasgressioni, fino alla sua immatura scomparsa, caratterista corpulento e quasi dimenticato, avvenuta ormai qualche anno fa e passata più in silenzio di quanto sarebbe stato auspicabile. Hemmings arrivò al successo ed alla “gloria” appena adolescente, guadagnandosi un prestigio ed una fama in campo musicale con qualcosa che già da sola sarebbe sufficiente a renderlo “immortale”: l’interpretazione di Miles l’ambiguo ragazzo del “Giro di vite” di Benjamin Britten dal racconto di Henry James. Scelto dall’autore stesso per le sue qualità vocali, ma anche per il suo fascino androgino (Britten subì sicuramente l’attrazione anche fisica per quegli “azzurri occhi sognanti” capaci di far intravedere la perdizione oltre l’angelicata presenza dell’innocenza) per la prima dell’opera a Venezia nel 1954, fu immediatamente esaltato per come aveva saputo tratteggiare le inquietudini di un personaggio difficilissimo e ambiguo. Le cronache dell’epoca magnificarono anche il suo “carisma scenico”, ma i tempi purtroppo non lasciano traccia visiva dell’evento. Resta però la documentazione stupefacente dell’incisione discografica e chi ha voglia e interesse, potrà davvero constatare il valore assoluto della resa di questo acerbo e fascinoso adolescente. Un critico esigente come Elvio Giudici, nel recensire il risultato, scrive testualmente. “DIFFICILISSIME, E’ EVIDENTE, LE PARTI DEI BAMBINI,ANCHE PERCHE’ DEBBONO ESSERE ASSOLUTAMENTE TALI: IMPIEGARE DUE SOPRANI LEGGERI EQUIVARREBBE AD ASSASSINARE UNA MUSICA TRA LE PIU’ GENIALI MAI SCRITTE. DAVID HEMMINGS, DESTINANTO A DIVENTARE GRANDE ATTORE (E’ PROPRIO LUI L’INDIMENTICABILE FOTOGRAFO DI BLOW UP), E’ SENSAZIONALE NELL’IMMETTERE UN FORTISSIMO CONTENUTO DRAMMATICO NELL’ESTENUATA DOLCEZZA DELLA SUA PICCOLA E TREMULA VOCE BIANCA, CON EFFETTI ADDIRITTURA AGGHIACCIANTI NEL ‘MALO, MALO, MALO’: ED E’ SOPRATTUTTO GRAZIE A LUI SE LA SCENA ISTITUTRICE/MILES/QUINT AL SECONDO ATTO, DIVENTA – COME IN EFFETTI DEVE – IL CLIMAX MUSICALE E NARRATIVO DELL’OPERA”. Ma non fu la via del canto quella che avrebbe dovuto segnare il suo percorso artistico più significativo e importante. Questa si esaurì brevemente sfiorando solo la sua adolescenza (oltre al “Giro di vite”, canterà ancora con Britten nell’oratorio “St. Nicolas” ma non mi risultanto altre performances di rilievo che possano essere segnalate). Come spesso accade, infatti, nonostante folgoranti apparizioni, molti ragazzi sono poi destinati al definitivo oblio in qualunque campo sia avvenuta l’affermazione. Ma non fu così per Hemmings che, cambiando pelle e prospettive, una volta adulto esplose nuovamente all’attenzione del mondo proprio con Antonioni quale interprete principale del suo “Bolw up” Palma d’oro a Cannes e travolgente successo internazionale. Nonostante il nuovo trampolino di lancio però nemmeno come attore la sua carriera decollò nella maniera auspicabile, tanto che probabilmente l’unico altro titolo che lo riporterà alla ribalta con analogo clamore sarà solo l’italiano “Profondo rosso” di Argento. Non sono poche le produzioni importanti alle quali partecipò (ma spesso con ruoli non preponderanti) quali “Camelot”, “Cerimonia per un delitto”, “Barbarella”, “Lungo giorno per morire”, “I 600 di Balaklava”, “E se oggi fosse già domani” (conosciuto anche col titolo “strani fenomeni”, “Juggermant”, “Rosso nel buio”, “Unico indizio un anello di fumo” “Al di là di ogni dubbio” o “The rainbow” di Ken Russel (ancora da Lawrence), tanto che io preferisco ricordarlo principalmente oltre che per i due titoli più importanti già citati, per “Isole nella corrente” da Hemingway e soprattutto per un film abbastanza disturbante come “Frammenti di paura”, oltre che per alcune caratterizzazioni dell’ultimo periodo ormai “sfatto e compromesso” nel fisico, quasi irriconoscibile per quella decadenza accelerata a cui avevo accennato sopra, fra le quali spicca proprio la sua apparizione in “Gangs of New York “ di Scorsese. Il commiato, sarebbe arrivato in sordina, con l’insignificante “Leggenda degli uomini straordinari” che è davvero la sua ultima apparizione. Ma Hemmungs aveva avuto anche una terza vita, intraprendendo la strada della regia. Anche qui, il suo debutto avvenne con caratteristiche di insolito dispendio di mezzi (e altrettanta attenzione mediatica) con “Just a gigolò” dal cast stellare (David Bowie, Sidney Rome, Maria Schell, Curd Jurgens, lo stesso Hemmings, Kim Nowak, Marlene Dietrich) e i risultati incerti: la critica fu feroce edistruttiva e l’insuccesso assoluto e imprevedibilmente “tombale”. Ancora una volta la dea fortuna lo aveva “baciato” senza accompagnarlo fino in fondo e le tracce si sarebbero ben presto esaurite. Molto superiore infatti la sua seconda prova, passata però del tutto inosservata “Survivor – l’aereo maledetto” tratto dal racconto di James Herbert “Il superstite” del quale sicuramente ci si deve essere ricordati per “Il sesto senso”. Poi.. non ebbe altre occasioni o possibilità per lo meno sul grande schermo, rimandendo legato, registicamente parlando, a serie televisive come "A-Team", "Magnum P.I" e similari che nulla potevano aggiungere alla sua fama. Mi piace allora “celebrare il suo ricordo” ritornando ancora a “Il giro di vite”, citando un verso dell’opera che è tratto dalla poesia “The second Coming” di Willim B. Yeats : “the ceremony of innocence is drowned”.
Un fiasco clamoroso, “sbeffeggiato” e “deriso dai più. Certamente presuntuoso e irrisolto (ma qualcosa “rimane” nella memoria… per esempio la colonna sonora).
Quello che io preferisco considerare il suo canto del cigno (per lo meno una caratterizzazione piccola ma succosa in film importante che rimane scolpito nella memoria).
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