E’ strano. Quello che sanno i miei amici, mia moglie, tutti quelli che mi stanno bene o male intorno e ai quali ogni tanto rinnovo il concetto onde evitare colpevoli mancanze nel momento in cui si verificasse l’evento è che nel caso mi accadesse qualcosa, malattia o incidente che fosse, nessuno deve azzardarsi a staccare nessun cazzo di spina, ventilatore, asciugacapelli, forno a microonde o altra diavoleria meccanica preposta a tenermi in vita, se non dietro a mia esplicita richiesta. In mancanza di tale lucida consapevolezza tutte le lucine rimangono accese. Questo è quello che sanno. Welby e la sua tristissima storia ha riaperto in me l’antico dilemma del giusto e dello sbagliato, dell’etica urbana della vita a tutti i costi. Mi ha mostrato come l’Italia sia un paese medievale in quanto a diritti civili e come stia sprofondando nella preistoria senza passare dalle evolute società intermedie che si sono distinte nel corso della storia. Un paese ulteriormente diviso tra ottusi osservatori dei precetti cristiani più interessati a strumentalizzare chiassosamente il caso per instillare nelle genti il peso del peccato mortale piuttosto che ritirarsi in una dignitosa preghiera di intima pietà per l’uomo. Dall’altra parte i liberal della morte facile, gli artigiani elettricisti al contrario della spina a perdere, più interessati alla visibilità del gesto che all’umana pietà per l’uomo. Confesso che avrei paura, in caso mi trovassi al posto di Welby, immobile e circondato da sciacalli, avrei paura a chiudere gli occhi per poi trovarmi catapultato nel mitico cono di luce che i ritornanti da esperienze simili millantano nei loro sogni, tutto per colpa di un solerte adepto della morte semplice. Oppure preso atto di tutto e desideroso di liberare i miei da una vita egoisticamente improntata verso la conservazione biologica di quello che mi resta attorno ad un cervello impotente, venire ostacolato dai puristi dell’anima che vedono nel mio dipartire una loro futuro post mortem in una nuova e imponderabile, ai tempi del Sommo Poeta, malabolgia infernale. Questa società così divisa e pronta a sfidarsi a colpi di retorica, così sprofondata sul giusto e sbagliato della conseguenza non è in grado di prendere decisione alcuna. Non spetta ai nostri tempi decidere delle nostre anime e dei nostri corpi, la classe dirigente non ha ne’ cultura ne’ sensibilità ne’ statura politica per decidere su questi temi. Non so se sia giusto staccare la spina, o no. Ma non è una decisione da testo di legge. Una società civile guarda ai diritti dell’uomo prima di tutto e così come è criminale la pena di morte è altrettanto criminale la pena per una vita finta. Lasciamo decidere a chi la vita la deve vivere nel pieno diritto se vuole, di farla finita. Una volta tanto sarebbe molto più onesto girarci dall’altra parte e lasciare fare.
Costretto a vivere finchè qualcuno non gli stacchi la testa a spadate. Il premio di rimanere l’ultimo è finalmente morire da uomo. Non male, per morire bisogna prima vivere e combattere. La morte è il premio finale, la liberazione. Imparate.
Ecco l’accordo bipartisan che unirà le sponde politiche sull’annoso problema della morte assistita. Morti non morti e tutti salvi. Sono stati già contattati stregoni brasiliani. Anche il Mago do Nascimento. Aveva ragione Vanna con le sue cremine?
Con Tisa Farrow, Ian McCulloch, Richard Johnson, Olga Karlatos
Una società di non morti ha bisogno di non leggi, non servizi, non scuola, non sanità. Un non morto non lavora e ha bisogno di una non pensione. Un non morto non vota e ha bisogno di un non governo….sorpresa: siamo già pronti.
Carne umana venduta e consumata nella futura società post disastro atomico. Già ora qualcuno in camice bianco non vede l’ora che ti schianti in macchina per macellarti e dare la vita a qualcun altro.Credo nei risvegli, sorry.
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