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Un "corto" SILENZIO tangibile ed etereo
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Un "corto" SILENZIO tangibile ed etereo

Tempo fa, commentando uno dei sommi capolavori del grande Bergman, parlai di un “SILENZIO insostenibile, irritantemente oppressivo, che s’insinua con (dis)articolata sinuosità in disadorne e soffocanti stanze d’albergo, incoscienti testimoni dello spasimo della mancanza e dell’oppressione dell’attesa che corrode le viscere dell’esistenza”, impietosa descrizione relativa ad un trio di vite sospese nel vago fluttuare dell’incertezza. Ed ecco che in occasione della quattordicesima edizione del “Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove immagini” che si tiene nel cinema Intrastevere di Roma mi sono imbattuto in un SILENZIO nuovo di zecca, opera prima di due graziose ed intraprendenti ragazze, VALENTINA DE AMICIS e GIULIANA CAU, laureate in Storia e Critica del Cinema, che stanno vivendo con grande entusiasmo la loro ascesa nell’Olimpo registico cinematografico. Ne è palese dimostrazione la presente vicenda che nel breve spazio di una decina di minuti mette in scena, a partire dall’incontro di uno sguardo fuggevole scambiato in un banale mercato di abbigliamento casual che in virtù di un sottile gioco della fantasia potrebbe in realtà far parte di una diversa dimensione spaziale e temporale, un sottile gioco di reciproche seduzioni quasi allo stato primordiale, dove la facoltà della parola è totalmente assoggettata al predominio di un sguardo in cui si trovano contemporaneamente a galleggiare premurosità ed attenzione, sollecitudine e tenerezza, affettività ed abbandono. E già si fa largo una sottile vena di malinconia che pervade l’ambiente circostante fino ad oltrepassare i rossi tendaggi di una camera dell’amore ed aleggiare con vago trasporto nelle distese periferiche di una città quasi invisibile ma di cui s’intuisce un diffuso sentore di umano abbandono, e nei meandri boschivi di una tenera età ripercorsa a ritroso nel tempo tra tenebre oscure che richiamano foschi presagi e propizie luci dell’alba che riportano alla pace del cuore e ad una primitività di visione perduta nelle pieghe del tempo. Il tutto unito ad una tecnica eccelsa che già rivela una profonda conoscenza del mezzo cinematografico ed una spiccata capacità di percezione autoriale in grado di spaziare a trecentosessanta gradi lungo le pieghe dei fotogrammi per cogliere e porre in evidenza le più minute testimonianze di quella sofisticata alchimia caratteriale che si forma quasi per osmosi tra due esseri umani reciprocamente coesi tra loro in virtù di uno scambio di sguardi quale semplice (s)punto di partenza. Ed è un “SILENZIO” tangibile ed etereo nel contempo, pura e semplice espressione di emozioni quasi allo stato primordiale, testimone sul palcoscenico della vita degli afflati amorosi di una coppia da cui si è visto offrire in affidamento per istintiva scelta esistenziale la gestione totale dei propri sentimenti e dei relativi trasporti emozionali, totalmente in antitesi rispetto al travagliato “silenzio” bergmaniano, fondato sulla disaffinità e sulla disgregazione, che nasce oltretutto da una ben precisa tensione antifideistica. Un silenzio in cui la forza di un amore sincero sembra sublimare e permeare di sé ogni cosa tangibile ed immateriale ed in cui l’immagine dell’essere umano che piange calde e catartiche lacrime allo specchio lungi da suscitare dei rimandi a situazioni ben più opprimenti e problematiche ridesta in noi un’ondata di suggestioni improvvise e spontanee. E mentre l’ultima sequenza rivelatrice non fa che renderci complici acquiescenti di una muta e suggestiva vicenda che si dipana in poche e significative battute sul variegato teatr(in)o della vita, cala nel contempo il sipario definitivo sul SILENZIO ma non sulle nostre emozioni che saranno destinate a perdurare a lungo nel brusio della sala ad ennesima conferma della capacità significante di questa nostra grande passione chiamata CINEMA.

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