L'ambizione sotterranea di questa trilogia va ricercata soprattutto nella voglia di vivere.detto in questi termini potrebbe non significare niente,Paul Morissey regista "autoincompiuto" sfalda con espressività le regole del cinema indipendente,gestendo una riflessione sulla vita con la pura voglia di uscire dal formale.nel primo episodio tentenna una pseudo dichiarazione d'amore verso la sua musa,l'attore Joe Dallesandro immergendolo in un travagliato quanto simbolico percorso di vita decadente.nel successivo eco della sua arte si discosta dall'essenzialità che rappresentava un po il primo film è non nasconde il dolore,il degrado e l'autolesionismo,quì descritti con ebbra generosità quasi disarmante.conclude il suo amato percorso di vita con CALORE, il più esteticamente solare ma assurdamente amaro,una riflessione ipietosa sul mondo dello spettacolo popolata da personaggi inquieti e talvolta surreali.una TRILOGIA insomma "affogata" in una limpida schiettezza personale priva di moralità ma con un innato senso dell'estetica mai fine a se stessa,un opera impaziente di trovare nel mondo posti su cui splendere di luce propria,e forse da qualche parte c'è pure riuscita.
era il 1968 quando nei cinema di mezzo mondo comparve il corpo ed il volto di Joe Dallesandro.Morissey si affianca all'attore allora esordiente con dimestichezza quasi onirica.
l'ultimo capitolo vede Morissey completamente immerso nel suo mondo immaginario,e libero da ogni convenzione sociale affronta con ferocia ironia lo spirito della fama.
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