Sull'ultimo numero di Ciak, c'è un articolo a firma di Enrico Lucherini, che ricorda e a modo suo "celebra", la recente scomparsa di Giuseppe Patroni Griffi, a mio avviso irritante per la scarsa obbiettività dimostrata. Capisco i profondi rapporti di "amicizia" che inducono un pesonaggio come Lucherini a "stravedere", ma secondo me le esaltazioni ingiustifiate si ritorcono sempre, diventando ingombranti boomerang. Forse il press-agent pensava di poter utilizzare la circostanza per "creare" un nuovo evento (celebrativo in questo caso)seguendo la sua abituale predilezione dell'eccesso "eccentrico", ma poichè il troppo stroppia sempre, mi sembra indispensabile non appoggiare l'operazione e ridimensionare questa per molti versi agiografica esaltazione di un "tuttologo" sicuramente di primo piano, ma mai protagonista assoluto, nonostante i pompaggi e le "mode". Certamente la scomparsa di Patroni Griffi rappresenta una perdita non indifferente per il mondo della... vogliamo chiamarla "cultura?" bene, chiamiamola pure così, tanto non costa niente, ma certamente la perdita è assolutamente limitata, se non addirittura ininfluente per quanto riguarda il cinema... e guarda caso è principalmente di questo aspetto che Lucherini tratta nella sua "apoteosi" ciakiana. Probabilmente il magigor merito che deve essere ascritto a Patroni Griffi, oltre a una indubbia positiva "qualità di scrittura" è la furbizia e l'opportunismo, essendo sempre stato pronto a cavalcare le mode del momento, fra pruriginosi ammiccamenti e scandali di superficie abilmente orchestrati e mai per davvero destabilizzanti onde evitare "scompigli ideologici" e ritorsioni, seguendo "scie" già tracciate e mai veramente innovative e coraggiose.
La letteratura (e in special modo la scirttura teatrale) è stata la modalità di espressione nella quale si è distinto maggiormente (ma definire il pur pregevole romanzo "La fine della bellezza" come il 'più bel romanzo omosessuale italiano', mi sembra davvero eccessivo, visto che di esempi illustri ed autoriali, proprio in questo segmento, esistono in Italia moltissimi altri "alti" esempi di valore analogo se non addirittura superiore (ovviamente anche il mio è un giudizio soggettivo, e come tale opinabile). Basterebbe ricordare al riguardo fra la copiosa messe di proposte, alcune delle opere fondamentali di Aldo Busi(anche lui a volte discutibile e inutilmente provocatorio) o i partecipati romanzi di Pier Vittorio Tondelli, ma anche il Fabrizio Lupo di Carlo Coccioli, se non vogliamo citare le punte di diamante rappresentate da alcune opere di Pasolini (Amado mio in primis e, per alcuni versi, Teorema e l'incompiuto Petrolio)o dal sublime Saba di Ernestino. Anche come autore di commedie, il pregio maggiore è stato quello di "saper cavalcare l'onda" al momento giusto, e di avvalersi di messe in scena di alto pregio, che riuscivano ad amplificare la portata andando oltre le parole, spesso "universalizzando" temi e contenuti grazie anche a intuizioni registiche, queste sì altamente innovative e stimolanti. Come dimenticare al riguardo il superbo contributo fornito per la conoscenza e il successo di questo allora giovane scrittore (comunque già ben inserito nel jet-set internazionale) dalla Compagnia dei giovani (De Lullo - Valli - Albani - Falk e, per la prima parte del viaggio, Guarnieri - Orsini)? Agli attori ed al regista De Lullo va il merito maggiore per la risonanza internazionale di opere tutto sommato non eccezionali come Anima nera, D'amor si muore o la troppo celebrata Metti una sera a cena (ma qualcuno l'ha vista e valutata per quello che realmente è questa commedia nella squallida recente ripresa?). Ma l'analisi è calzante anche per Prima del silenzio (De Lullo regista, Valli e un quasi esordiente Bentivoglio gli ispirati interpreti) che probabilmente resta la sua opera di maggior prestigio e più personale dagli echi vagamente Pinteriani. E anche quando le regie erano meno pregnati e significative, l'alta perizia degli interpreti è riuscita a riempire non pochi "vuoti" (In memoria di una signora amica, magistralmente resa nelle illuminate performances di Lilla Brignone, Pupella Maggio e di un Giancarlo Giannini alle prime armi ma già carismatico; Mariano Rigillo en travesti, misurato e attento, preziosamente estraneo ad ogni clichè del genere, accorto e sensibile protagonista di quella commedia il cui titolo mi sembra sia "scendeva da Toledo" o giù di lì, il testo più esplicito e spregiudicato di tutta la produzione dell'autore (ed erano stati certamente i cambiamenti culturali in atto a fornirgli il coraggio di "osare" diventando più esplicito del solito.
Certamente Patroni Griffi rimane a pieno titolo uno scrittore "omosessuale", e lo si avverte anche nelle opere dove le tracce sono labili o inesistenti, ma le allusioni sono comunque sempre presenti, pur se sotterranee e spesso camuffate (Patroni Griffi non è mai stato un autore disposto ad "esporsi" fino in fondo). Nemmeno in veste di regista teatrale (attività per molti versi preponderante, specialmente nell'ultima fase artistica) sono attribuibili a Patroni Griffi "capolavori" assoluti (non era un Trionfo per intenderci che ci "dava" o "toppava" clamorosamente senza mezzi termini o sfumature, ed era spesso insopportabilmente tedioso e inutile, ma quando era in stato di grazia riusciva a fare cose indimenticabili e superlative). Aveva imparato bene il mestiere Peppino, questo era fuori discussione: sensibile e attento, sapeva ben "occhieggiare" e immagazzinare le altrui esperienze, ed era anche un bravo artigiano che sapeva riprodurre con adeguato manierismo, quanto assimilato dai grandi talenti con i quali era entrato in contatto. Così, le sue regie difficilmente potevano essere definite brutte (qualche volta semmai inutili e superflue) considerando il gusto sopraffino e l'accortezza maniacale che contraddistinguevano il suo operato. Spesso "scimmiottatore" sterile (penso alla realizzazione con Bosetti, la Sastri e la Bonfigli dei Sei personaggi Pirandelliani realizzati ancora una volta con palcoscenico nudo e con "intuizioni" tutte mutuate dalla memorabile realizzazione scenica di De Lullo che agli inizi degli anni 60 aveva rivoluzionato il modo di "leggere" Pirandello e di rappresentarlo, riscoprendo non solo un testo "difficile", ancora oggetto in quegli anni, di forti ostracismi e "resistenze" da parte del pubblico, ma restituendo dignità a visibilità a tutta la scrittura pirandelliana che avrebbe poi goduto di un eccezionale ritorno di fiamma. E a questo punto il discorso potrebbe davvero farsi lungo (basterebbe analizzare la recente riproposta televisiva della Traviata da Parigi per evidenziare pregi e limiti di "carinerie" spesso imbarazzanti e "sbagliate" come i due protagonisti sotto il tavolo che si cercano la mano, quasi che invece di Verdi si stesse rappresentando Puccini e si parlasse della analogamente tisica Mimì). Ma è probabilmente arrivato il momento di toccare l'argomento "cinema" (fortunatamente abbastanza avaro di contributi da parte di questo eclettico uomo di punta dell'establishmente culturale a tutto tondo). Pur concordando con Lucherini che "in un sistema che regala edizioni in dvd a cani e porci, può risultare 'scandaloso' (ma di omissioni più importanti e significative ce ne sarebbero davvero moltiissime altre da citare con maggiore pertenenza e accorato appello)che solo La gabbia (sicuramente la sua opera cinematografica più 'infame') sia stata editata su questo supporto", non riesco davvero a trovare altri punti di contatto con il suo discorso. Certo che sarebbe utile: per lo meno permetterebbe di fare la quadratura del cerchio una volta per tutte e definirne la superficialità di opere furbette e datate, non certo ad evidenziare la "modernità anticipatrice di quelle opere"... e francamente ipotizzare una ripetuta visione fino quasi ad imparare a memoria intere sequenze di Metti una sera a cena da parte di Mike Nicholson prima di realizzare Closer, mi sembra una bestemmia assoluta considerando che a fare questo accostamento è comunque un uomo di "cinema" che dovrebbe avvertire certe differenze strutturali e di forma. In ogni caso poi Nicholson non aveva in alcuna maniera bisogno di "suggerimenti" o di scopiazzature come ipotizzato dal nostro, visti i suoi precedenti (ci si è forse dimenticati di "Conoscenza Carnale" con il quale, in tempi non sospetti aveva fatto analoga, anticipatrice operazione di rottura, privilegiando la trasgressione della parola a quella più abusata e per questo meno incisiva e disturbante delle immagini?). Non condivido insomma quasi nulla di quanto asserito da Lucherini, nemmeno che Metti una sera a cena e Addio fratello crudele rappresentino i migliori titoli delle realizzazioni cinematografiche del regista: in una mediocrità diffusa e spesso imabrazzante nei risultati forse (singolarmente) i più positivi esiti (si fa per dire) vanno ricercati proprio nella sua opera di esordio (Il mare) e - in virtù di certe intuizioni sottotraccia, per altro mal realizzate e non adeguatamente rese dalla insulsa prova recitativa di una Antonelli assolutamnete non all'altezza - nell'opera conclusiva (quel decadente, tragicomico e ridicolo affresco che risponde al titolo di "Divina creatura" da Zuccoli - ilche è tutto dire!!! - vivacizzata da una eleganza di realizzazione quasi viscontiana (non nei contenuti ovviamente) fra i sontuosi costumi della giovane, ma già bravissima Pescucci, e le scene analogamente stupefacenti di Senese).
Anche nel cinema, Patroni Griffi fu astutamente accorto nel circondarsi di "talenti" : la bellissima resa attoriale di tutti gli interpreti di Metti una sera a cena, fra le accattivanti note di accompagnamento di Morricone e la accurata e intelligente collaborazione alla sceneggiatura di Dario Argento; le intriganti sculture lignee di Mario Ceroli e la corposa "fisicità" cromatica della fotografia nell'improbabile, addomesticato Addio fratello crudele, adattamento davvero singolare da Ford (Peccato che sia una sgualdrina) edulcorato e piatto, tutto formalismi estetizzanti e pochissima sostanza, anni luce lontano dalla sanguigna tragicità dell'impianto elisabettiano di partenza; la sceneggiatura (per altro non eccelsa) di La Capria per l'inguardabile Identikit e il supporto fotografico e illuminotecnico di Storaro di molte sue opere. Ma veniamo a Il mare: anche qui non posso condividere il parere espresso da Lucherini. Il film è oggettivamente scarsamente difendibile soprattutto per i dialoghi risibili inseriti in una messa in scena che coniugava malamente i cascami più deleteri della incomunicabilità Antonioniana allora di moda con le preziosità stilistiche e le innovazioni nel linguaggio (mal digerite) di Resnais, altro regista celebrato del momento, per raccontare una storia che pretendeva di essere Gidiana nelle valenze e nei riferimenti, ma risultava solo debitrice di quel velleitarismo deleterio riscontrabile nelle opere più pretestuose e corrive di D'Annunzio. Certamente, nonostante i limiti evidenti, l'accoglienza spernacchiante di pubblico e critica fu in qualche modo eccessiva e "pompata", ma non certo per ostracismo precostituito "di chi non poteva accettare un outsider che era fuori da ogni clan (punto sul quale nutro fortissimi dubbi, visto che Patroni Griffi è stato sempre e comunque molto integrato nel sistema, a tutti i livelli)... "e anche molto odiato per il suo successo come commediografo!!!" (sic) , Se ostracismo coordinato ci fu, questo deve essere semmai attribuito al tema scelto (si trattava pur sempre di una attrazione "omosessuale" - argomento tabù ad alta carica di pericolosità in quegli anni - anche se molto diluito nelle estetizzanti stilizzazioni dei rapporti... con terzo incomodo femminile, tanto per non sbilanciarsi troppo). Era il tema (sia pure sfiorato con molto accorteszza e pudore) a creare resistenze e avversioni.. era il clima di scandalo montato intorno all'operazione a creare l'assalto becero e sconsiderato, a risvegliare "crociate".. e purtroppo la non felice riuscita dell'opera non permise nemmeno alle menti più "aperte" e progressiste" una difesa appassionata (come sarebbe stato forse necessario visto l'argomento) dell'opera. Se Londra gli ha reso in parte giustizia programmando il film per un anno intero, presumo che non si sia trattato di un semplice "riconoscimento artistico" però, ma ancora una volta di un atteggiamento culturale e mentale più libero e aperto, più allenato e forse anche più stimolato a confrontarsi con tematiche ancora inconsuete.
Insomma il contributo cinematografico di Patroni Griffi è assolutamente irrilevante e trascurabile da un punto di vista della resa, e questo mi sembra fuori dubbio e discussione.. nonostante Lucherini: la sua scarsa produzione ve al ripropongo in ordine decrescente di interesse (sempre secondo il mio opinabile giudizio) partendo proprio dal "meno peggio" Il mare, che aveva comunque la giustificazione della inadeguatezza strutturale di molte opere prime e il coraggio della "scelta", per finire con quella schifezza assoluta che è rappresentata dalla Gabbia, più scadente e pretestuoso (sicuramente molto più irritante) dei più triviali trash dell'epoca.
Tema scabroso (lodiamo per lo meno il coraggio visti i tempi) ma trattato in superficie e con l'usilio del terzo incomodo femminile.Decadente ed estetizzante oltre il sopportabile, schecherando Resnais con Antonioni
Poteva avere qualche freccia in più se avesse potuto puntare su una protagonista di maggiore levatura interpretativa dell'algida Antonelli.Calligrafico ed involontariamente tragicomico fra vicontismi di riporto e molto ciarpame oleografico
Pubblico accorso in massa, attirato dal miraggio di poter visionare dal vivo la nerchia di Oliver Tobias (nella scena finale del funerale) inadeguato protagonista insieme ad un altrettanto insipido Testi fra lignee scenografie e preziosismi fotografici
Con Jean-Louis Trintignant, Florinda Bolkan, Tony Musante, Annie Girardot, Lino Capolicchio
In streaming su CineAutore Amazon Channel
Visivamente più "scandalosa" ma meno efficace della realizzazione scenica di De Lullo. Trasgressioni borghesi a un tanto al chilo, buone per tutti i gusti e per palati poco raffinati. Di altissimo pregio la resa degli interpreti
Masochista e autodistruttivo fra simbologismi estremizzati e "nevrosi" da cartolina al servizio di una Taylor da dimenticare. Morboso e inutile adattamento di un romanzo di Muriel Spark con sceneggiatura di La Capria
Con Tony Musante, Laura Antonelli, Florinda Bolkan, Blanca Marsillach, Cristina Marsillach
In streaming su Infinity Selection Amazon Channel
Stupido e risibile. Il punto più basso della non esaltante carriera cinematografica del regista: più che "erotico" e "trasgressivo", ridicolo e improbabile. Un fotoromanzo da Grand Hotel con punte pruriginose di perversione e di sadismo mal digerite
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