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RELAZIONE SULL'HORROR ITALICO DAL 1969 AL 1991.
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Spielbergman

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RELAZIONE SULL'HORROR ITALICO DAL 1969 AL 1991.

Quella dell'horror italiano è una tradizione lunghissima, che và dal grande cinema di genere Argentiano fino alle più misere produzioni cinematografiche della FUlvia Film di Roma (poi assemblata in Avo Film agli inizi degli anni '90) per poi arrivare agli "eredi" della tradizione Argentiana. 1969: esce in tutte le sale italiane un film di un regista esordiente, un romano di nome Dario Argento. Sbanca al botteghino, fa gridare al miracolo per la tecnica e rilancia le produzioni thriller del cinema italiano. Prima di lui c'era già Mario Bava. Ma io sono voluto partire da questo film perché poi, andando più avanti, mi servirà per ricongiungere tutti i pezzi della mia riflessione, maturata in questi mesi comprando ogni due settimane la raccolta "I Maestri della Paura". Il capolavoro di Dario Argento dà impulso alle produzioni cosiddete "minori" e fonda un mito, anche grazie ai due successivi "Il gatto a nove code" e "Quattro Mosche di Velluto grigio" (praticamente introvabile oggigiorno). Nel 1975, dopo un altro film con l'attrice Marilù Tolo, "Testimone Oculare", Argento torna alla ribalta con "Profondo Rosso". Vi lavora l'attore inglese David Hammings in compagnia di quella che sarebbe stata a lungo la compagna di Argento (nonché madre di Asia) Daria Nicolodi. Il film è quello che oggi viene definito come il "capolavoro universale di Dario Argento", per via della sua visionarietà che ci conduce per mano fino alla paura più intensa. Argento è ormai un mito in ascesa, diviene regista-simbolo di una nuova generazione di artigiani thriller-horror e nell'industria italiana del genere comincia a svegliarsi qualcosa che poi si rivelerà un'arma a doppio-taglio. Due anni dopo, Mario Bava torna a spaventare con "Shock!" ancora con la meravigliosa Nicolodi, un grande film sia dal punto di vista tecnico ché dal punto di vista recitativo. Un altro grande successo, lo stesso anno in cui Argento torna con il film-simbolo dell'horror psicologico italiano: "Suspiria". Ormai il thriller all'italiana va sempre più verso una rotta horror, dai colori sempre più cupi e splatterati. A questo punto, nei film di Argento appare qualche spaccatura nella sceneggiatura, o nel talento visionario, ma sono pochi dettagli che non compromettono la bellezza dei suoi film. Anni '80: moda elettronica, rockettara e giovanile, grandi effetti speciali, "Morti Viventi" che vengono all'America e portano la firma di George A. Romero, Argento idolatrato, ricco e capace ormai di produrre da sé i film. Si fanno largo due nuovi volti nello scenario dei registi horror all'italiana: uno è il figlio di Mario Bava, Lamberto, che subito Argento mette sotto la sua ala. L'altro è il regista di diversi episodi di "Franco e Ciccio" e di qualche discreto film artigianale: Lucio FUlci, romano, amico di Argento, ormai inserito nell'ambiente di Cinecittà. Durante questi anni, Argento firma discrete opere: "Phenomena", e l'orrido "Opera", che segna per me l'inizio della fine del grande regista romano. Nel frattempo, la Fininvest di Berlusconi finanzia una serie di film per la Fulvia, gli stabilimenti di Fulci. Nascono quindi "Assassinio al cimitero etrusco", "Luna di Sangue", insieme a tante opere pseudo-orror-pornografiche che declinano irrimediabilmente tutto lo scenario dell'horror all'italiana. Ormai i film di questo tipo si girano in villette isolate che durante i sabati sera romani divengono il ritrovo di registi porno e di celebri foto-modelle desiderose di mettersi in vista. Da tanto rigore tecnico e da tanta serietà, da tanto fascino, si cade nel baratro. Anche l'ala di Argento comincia a sfaldarsi: copioni sciocchi, sceneggiature improponibili, attori scadenti. Ormai sono gli anni '90, quando a Lamberto bava succede Michele Soavi. Costui firma "Deliria", un gran successo e un buon risultato artistico, per poi darsi a due film tremendi dal punto di vista artistico: "La CHiesa" e "la Setta", girati in Germania su commissioni di Argento. E il mago del thriller, che fa? Comincia a riprendere la strada del thriller con "Trauma" del 1993 e con "La Sindrome di Stendhal" del '96. Ma ormai la magia è passata. Per me, Argento è ormai decaduto, ha perso il ritmo che scandiva vorticosamente le sue opere migliori. Lucio FUlci è morto nel 1993, Lamberto Bava si dà a "Fantaghirò" e a "Principessina" per Mediaset, Soavi diventa un regista televisivo per girare "Francesco" e "Ultimo". Argento continua senza grande originalità la sua carriera fino a pochi anni fa, dove dà prova che ormai la magia è inesistente con "Non Ho Sonno" e con "Il Cartaio". Come abbiamo fatto a cadere così in basso dopo i lustri degli anni '70-'80? Come ha fatto la nostra industria cinematografica a perdersi in virtù della mera commercialità televisiva? Me lo sono chiesto anche io, e me lo chiedo ogni due settimane quando compro per mero divertimento i DVD de "I Maestri della Paura": più si va avanti e più è peggio. Aspetto commenti...

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L'uccello dalle piume di cristallo

  • Thriller
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  • durata 96'

Regia di Dario Argento

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