Galleria di luci, suoni, effetti, visioni, "allucinazioni", sperimentazioni, simboli, "nonsense" e selvaggia irrazionalità. Il "cinema che sconvolge il cinema" nasce e si sviluppa, paradossalmente, quando la "settima arte" è ancora lontanissima da megaproduzioni, da "multinazionali", dallo "star-system", dai faraonici interessi economici e dai "plasticosi" rotocalchi di costume. Cinema dell'avanguardia dadaista e surrealista, una continua e "folle" fucina di esperimenti e di creatività, di ricerche visive e di "fusioni" improbabili. Cinema di "caso" e di "necessità". Cinema di provocazione e di "eccitazione". Pellicole che adoperano e che esprimono i princìpi (meglio, gli anti-princìpi), le tecniche e la poetica dei due movimenti di avanguardia più dissacranti, destabilizzanti e "sconcertanti" della storia dell'arte e della stessa cultura, probabilmente: il dadaismo ed il surrealismo (per quanto il secondo abbia costituito la ideale e conseguente "soluzione" del primo). Invenzione sfrenata ed "insensata", totale anarchia nella scelta dei materiali, dei procedimenti e delle finalità creative, assoluta frenesia e libertà di sperimentazione e di "ricerca", quasi "retinica", oltre che percettiva. Poetica della dissacrazione e della "de-strutturazione" attraverso la negazione delle categorie di spazio e di tempo, di ogni minimo riscontro di razionalità nelle trame e nei contenuti, di ogni minima associazione correlata da nessi logici. Film che mirano a sbalordire, a sconcertare, a provocare, ad annullare le capacità "ricettive" ed intellettive dello spettatore "borghese". Film che non si curano minimamente dello spettatore, al tempo stesso. I significati ed i contenuti vengono "de-contestualizzati", "frullati", privati di ogni "diritto logico" alla esistenza. Ne emerge il rifiuto totale della struttura formale, la "feroce" e caustica volontà di provocazione e di "smontamento" dei gusti correnti, la rinuncia polemica ed "anarchica" di tutto quello che la cultura umana ritiene di avere "acquisito" e pretende di "possedere" stabilmente. Il cinema, con i suoi strumenti e le sue tecniche, viene rifiutato anche esso, stravolto e "rifondato", o meglio "s-fondato", secondo le istanze rivoluzionarie di questi "pionieri" avanguardistici dell'arte. I film surrealisti hanno la stessa "anima" delle "creazioni fuori contesto ed assurde" di Marcel Duchamp (i cosiddetti, celeberrimi "ready-mades"), delle sorprendenti "raiografie fotografiche" di Man Ray, della "scrittura automatica" di Breton e di Desnos (tra gli altri), delle poesie di Eluard e di Aragon, della pittura "elettrica" di Masson, delle sperimentazioni beffarde e spiazzanti di Picabia e di Tzara. Pellicole che trovano ed hanno il loro significato per il fatto stesso di non averne alcuno. Sono pellicole che si prendono gioco delle tecniche e del linguaggio cinematografico, lo "sbeffeggiano" e lo annichiliscono, seguendo quella stessa istanza "distruttiva e di rigetto" che aveva spinto Duchamp ad apporre i suoi celebri, dissacranti, "baffi" sul viso della "Gioconda" di Leonardo. Non si vuole dileggiare e "distruggere" il capolavoro in quanto tale, si vuole dissacrare e demistificare i valori, i processi e le strutture mentali attraverso cui si è giunti a stabilire cosa è "capolavoro" e cosa non lo è. Proprio questo sono i film surrealisti: sperimentazione estetica (ed "estatica") con fini anti-estetici, ricerca tecnica e linguistica con fini anti-tecnici ed anti-linguistici. Sono pura libertà, "gesto assoluto e fine a se stesso che diventa arte", capovolgimento di ogni valore precostituito. Sequenze di grandissima suggestione psico-sensoriale, poietico-visiva, realizzate con gli oggetti più "comuni" e disparati, con procedimenti "anarchici" che mescolano ed "alterano" il linguaggio della fotografia e quello della cinematografia attraverso squarci nella pellicola, attraverso rotture ed assemblaggi casuali nel montaggio, attraverso "collages" di carta ed utensili vari "applicati" sull'obiettivo, attraverso improvvisazioni dettate da pura gestualità istintiva e, a volte, da pura casualità. Scene della più assoluta "primitività" ed insensatezza, che tuttavia sono diventate veri e propri "oggetti" di culto, ispirando tantissimi artisti e cineasti e diventando una vera e propria "miniera" simbolico-visiva da saccheggiare a piene mani. Impossibile elencarle tutte in questo spazio. Ne cito tre, almeno: il rasoio affilato con cui Bunuel taglia l'occhio della donna in "Un Chien Andalou", i "finti" occhi dipinti sulle palpebre abbassate di Kiki di Montparnasse (la protagonista), a significare un nuovo modo di "vedere" le cose ed il mondo con gli "occhi del corpo" chiusi e con gli "occhi dell'anima" dischiusi, in "Emak Bakia". Le figure umane vestite di inquietanti veli bianchi che volteggiano e si dedicano ad esercizi "ginnici" surreali ne "Les Mystères du Chateau du Dé". Una immensa galleria di immagini "pure" e disarticolate, di "viaggi psichedelici ante-litteram", di allusioni, collusioni, "filtri", rimandi simbolici ed ottici. Una straordinaria e preziosissima testimonianza storica e visiva di uno dei più fervidi periodi di sperimentazione cinematografica, di una delle più "anarchiche ed anti-culturali" (poi, a loro volta, diventate "cultura") stagioni creative (nonostante la istanza originaria fosse quella di "distruggere") della storia del cinema e dell'arte contemporanea. Naturalmente, si tratta di film rarissimi, praticamente introvabili in commercio. Per via del mio corso di studi, ho avuto la incommensurabile fortuna di visionarne alcuni interamente e di apprezzare stralci e spezzoni di altri. Del resto, nella grande maggioranza dei casi, si tratta di cortometraggi, di brevissime sequenze. E' davvero impressionante il tipo di sensazioni che ti lasciano, una insondabile miscela tra sgomento e "fascinazione", irritazione e rapimento estatico, sconcerto mentale ed appagamento sensoriale, visivo e "spirituale". Naturalmente, i sette film citati non sono affatto i soli prodotti delle sperimentazioni "dada" e surrealiste. Spesso si tratta di brevissimi filmati di sette, otto minuti, come nel caso di "Anémic Cinéma" del grande Marcel Duchamp (quasi un "test" visivo delle sue sperimentazioni artistiche) o di altre pellicole prive di trama, come nel caso di "Le Ballet Mécanique" di Fernand Léger (anche se più in ambito cubista-futurista), di "Rien Que des Heures" di Cavalcanti, di "La Coquille et Le Clergyman" della Dulac, di "A Propos de Nice" di Vigo (siamo più in ambito realista), del capolavoro "L'Age d'Or" di Bunuel e di tantissimi altri. "C'è un grande lavoro distruttivo, negativo da compiere e l'arte non è una cosa seria, dico sul serio", dice con tono beffardo Tristan Tzara (che commissionò, per così dire, a Man Ray l'esperimento "filmico" di "Retour à la Raison" per uno spettacolo dadaista). In questa frase "sconcertante" e provocatoria c'è tutta la "linfa vitale" che ispirò l'avanguardia cinematografica surrealista. "E' proprio nella logica di una sistematica violazione del modello rappresentativo-narrativo della visione, cioè di un modo di organizzare il visibile fondato sulla sua riduzione a una catena di rappresentazioni dominate dalla narratività, che si colloca il movimento avanguardista europeo dei primi del Novecento. Le Avanguardie francesi però si sono spinte più in là, stringendo forti legami con le pratiche della spettacolarità della nascente cultura di massa (di cui il cinema è una delle tante manifestazioni) come strumenti per un progetto di fuoriuscita dallo statuto stesso dell'arte", osserva Leonardo Lardieri. Pittori, letterati, poeti, scrittori di sceneggiature teatrali, scultori, pensatori, fotografi... tutti uniti in questo "improbabile e disperante" compito di distruggere il senso della cultura e dell'arte e di "fondare" il nonsense, di capovolgere categorie e classificazioni, di saccheggiare il "Tempio dell'Arte". Duchamp, Picabia, Ray, Dalì, Cocteau, Breton, Aragon, Eluard, Kiki, Bunuel, Tzara.. solo per citarne alcuni! In conclusione, un consiglio: acquistate il volume "Autoritratto", di Man Ray, editore "SE", 1998 (quello che ho io) o comunque una delle varie edizioni di questa opera. E' una lettura straordinaria, coinvolgente, meravigliosamente godibile ed interessante. La biografia del grande pittore, fotografo e cineasta americano, ma non solo. "Autoritratto" è molto di più. Un viaggio storico-artistico che ci restituisce gli echi di quella strepitosa stagione creativa, che ci descrive i procedimenti e le tecniche poietico-artistiche dell'avanguardia dadaista e surrealista, che ci offre vivacissimi e "succosi" ritratti dei più grandi protagonisti dell'arte e della cultura contemporanea attraverso le frequentazioni e gli incontri, di piacere e di lavoro, dell'autore: dagli stessi surrealisti ai cubisti, ai post-impressionisti, ai futuristi, agli astrattisti: Picasso, Braque, Giacometti, Matisse, Kandinsky, Léger, Derain e tantissimi altri. Ma anche di scrittori e di tanti altri uomini di cultura. Una occasione imperdibile di "vivere e respirare" l'arte surrealista, la sua poetica, le sue opere e le sue "proposizioni" attraverso le vicende di vita di uno dei suoi più prestigiosi e "geniali" esponenti. Davvero un acquisto imprescindibile per tutti gli amanti dell'arte. E' paradossale! Dovetti leggerlo e studiarlo per l'esame di Arte Contemporanea... e chi mai si sarebbe aspettato che un testo universitario fosse destinato a diventare uno dei miei libri preferiti di sempre ed una delle letture più stimolanti ed affascinanti che potessi, un giorno, consigliare!
1929, Man Ray. Suggestivo ed inquietante esperimento simbolico e visivo con protagonisti "aristocratici" e convitati all'interno di un castello. Si gioca ai dadi e si viaggia tra visioni surreali e traiettorie mentali sfuggenti.
Con Jean Borlin, Man Ray, Francis Picabia, Marcel Duchamp, Eric Satie
1924, René Clair. Ideato da Picabia, interpretato da molti prestigiosi esponenti del movimento dadaista, poi surrealista. Sperimentale, irriverente, nella più tipica "temperie dada", dei cui materiali e procedimenti poetici si appropria. Musica di Satie!
1929, Luis Bunuel & Salvador Dalì. Un autentico viaggio irrazionale e slegato, costruito su immagini disturbanti ed assurde, prive di ogni nesso logico. "Disperante bisogno di esplosione compulsiva", per Breton. Un vero e proprio "cult" surrealista!
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