
Il sito si spoglia, e non è un bel vedere. Alla prova costume la bacheca arriva con qualche chilo in più. Chili di macinato esausto, depositi e cuscinetti di liquido da smaltire. E’- come spesso si dice - che alcune persone stanno meglio vestite, ma non se ne rendono conto, insistendo in una nudità che vuol passare per naturalezza all’aria aperta quando agli impietosi raggi solari risulta flaccido tessuto tremolante. E non bastano le nuotate, non è servito pedalare a tutta forza, l’evidenza è lì, una signora grassoccia seduta sul seggiolino che strepita indirizzando berci ai figli in mezzo al mare di restare dove li possa vedere, - Ma mamma perché? - Perché ti voglio QUI. Capita sovente che proprio i corpi più sgraziati si trovino a loro agio nell’esposizione dell’epa macilenta, e nel contempo consiglino ad altri corpi, più snelli e pudichi, di tirare fuori quel che hanno, di far vedere, interpretando i prendisole lunghi come paura del confronto. Il sito oscilla nell’altroieri e torna indietro ai tempi dei fagottari, quell’Ostia Lido fatta di famiglione che parlano dei cazzi privati impunemente sotto il sole risciacquando i fatti loro ed altrui ed inzuppando il pane per farci la scarpetta, buttando lì sulla tovaglia a scacchi (dove i soldati romani ce se giocarono la camicia di Gesù Cristo) chi un divorzio chi un maldidenti, tanto è roba di tutti. Verso le cinque del pomeriggio - come avrebbe detto in questo sfacelo De Andrè - io e mio cugino kamen e altri tre quattro più giovani eravamo riusciti a rifugiarci al fresco delle cabine e giocavamo con i pesciolini, e ci scappava la carezza e la simpatia era finalmente solo un’occhiata fugace che diceva tutto, quando all’improvviso arriva il sito e si spalancano le porte, il sole accecante un raggio che si sposta come un unico spot implacabile dalle mie chiappe nude – primo piano - ad una peluria accennata – particolare - ad un ciuffo di capelli biondi – ombra sul legno della cabina -, e cosa fate qui tornate immediatamente all’ombrellone. Il sito è un despota illustrato eh? Tutto ben delineato e tutti con me o contro di me, qui una lacrima deve essere ben visibile, la mia che ancora manca all’appello, e mi si chiama in privato all’atto di dolore quando ormai tutt’intorno sono i fiumi di salamoia, e trenta veroniche pronte con le mani tese per porgere quel kleenex come se giocassero alla bandiera, eccoti un fiore, eccoti un pannolino che ti sei pisciato, eccoti un gingillo (riquadro: Santa Maria Goretti in un santino prega appassionatamente). Sono come un esercito di matrioske, tutte uguali parlano uguale si salutano uguale ed i risolini dalle box tracimano nel pubblico, la gomitatina, la battutina, il cenno d’intesa, una squadra di pallavoliste liceali con i postumi della meningite. Quando a me venivano staccati i peli delle ascelle uno per volta nello stillicidio della farsa, dell’infamia, della menzogna spudorata ce ne fosse stato uno che avesse rischiato un’unghia per dire “ma che fate, ma non è giusto!”, anche tra quelli che si professano amici e fanno i galanti in box, nessuno li leggeva i messaggi dove mi si chiamava maitresse “perché erano troppo lunghi” (ma per piacere, ché leggete tutto avidamente, avete anche chiesto che venissero contestualizzati i post per impicciarvi meglio, per capire chi dice cosa a chi, e quello che v’interessa lo sottolineate in rosso e blu, financo non vi sfugge quando X si recherà nella tal città, dove vado a dormire quando sono fuori casa o che locali frequento); però adesso urlano giustizia, le povere vedove, assumono atteggiamenti compunti, marcano il cartellino della presenza civica, esibiscono agili equilibrismi sulle traversine dell’ironico e del sarcastico e soprattutto sono amici di tutti e parlano con tutti, nel pieno rispetto delle direttive ONU dal cui combinato disposto si evince che “a te se non me te magno oggi me te magno domani” (riquadro: in una casa di studenti fuori sede un ragazzo con i capelli legati appende uno di quei tristi insopportabili manifesti per studenti fuori sede in cui vediamo l’attore Alberto Sordi che mangia i maccheroni). E tu, che dire di te? Intanto piangimi un fiume, cry me a river (copertina del disco), e piangi oggi piangi domani vedi che piano piano riesci a far passare chi si tace con rispetto per un insensibile, chi ti scuote senza commiserarti per un duro d’animo, mentre facciamo la fiera delle budella, dagherrotipi sbiaditi, protesi, denti finti, occhi di vetro, toupet col riporto, il tutto con i sottotitoli perché ormai siamo in Europa (split screen con un telegiornale per sordi in cui vediamo l’annunciatrice intenta in un gesto circolare e centripeto all’altezza della tempia destra mentre dietro scorrono immagini di un mattatoio con quarti di bue appesi). Senti, visto che questa è una via crucis collettiva, allora per favore dicci già quando e dove cadiamo la decima volta, che ci vediamo tutti lì, io vengo in bicicletta. Ma quando a stuzzicare vigliaccamente eri tu, quando a scrivere cattiverie sei tu, dove sono i cavalieri della giustizia, i pistoleri? Dove stanno questi santi uomini equanimi che ti difendono dai cattivoni, non si sentono in dovere di farti ragionare - ed in pubblico, visto che amano tanto scrivere playlist dedicate e scendere in campo - quando metti alla berlina gli altri e ti fai beffe della serenità altrui perché gliela invidi? Il dolore e la sofferenza non rendono impunibili e tu sei uno che ha avuto parole di scherno per un diciottenne perché veniva chiamato a cena dalla madre (immagine: una medusa si scioglie al sole sul marmo di un balcone lasciando stelline come deposito), ed hai augurato del male ad un ventunenne che sta ancora studiando e che ha il prezioso dono di non lasciar trasparire un bisbiglio su quello che può rattristarlo o creargli problemi, ed è sempre tranquillo e misurato (immagine: una sorgente zampilla mandando bagliori sulla neve in alta quota). Questo lo hai fatto tu che di anni ne hai quaranta, ed in tempi non sospetti, quando ancora non ci avevi informato di tutti i tuoi casi personali, e non faccio il copincolla perché non sono una inqualificabile come quell’altro del quale non sentiamo affatto la mancanza (split screen in 4 riquadri con la stessa sequenza in dissincrono della liberazione di Roma). Nessuno ha parlato in queste circostanze, quindi ne evinco che si invoca giustizia e rispetto per gli altri solo quando questi altri ci sono simpatici, e che al contrario quando la vittima ci sta sul cazzo perché è troppo in gamba o non ce la dà, la giustizia ce la mettiamo sotto i tacchi ed il massacro ce lo godiamo con i popcorn in grembo come fosse il Superbowl; allora signori, gli schieramenti li avete bell’e fatti voi e restateci dentro, vi si dà il buongiorno e la buonanotte esclusivamente per farvi annusare l’odore di quello che non vi si darà mai. Ma così da odiati si diventa desiderati. Ed il sito dei cuori solitari anche d’estate non dà tregua, è un safari radiocomandato su e giù per l’Italia, ché chi ha il torto di essere un boccone troppo appetibile rischia di essere stanato pure nel cesso del bar dove si era rifugiato (fumetto/riquadro all’estremità in basso a destra/la parola “meanwhile” sospesa in un quadrato tutto per lei e nell’ombra, da qualche parte nella capitale, un manifesto della penisola con bandierine di emiliofediana memoria affisse a nord e sud, anzi più a nord che sud, gli isolani possono dirsi al sicuro, non si sa se perché protetti da un tratto di mare o dalla natura). Elegantemente volteggia sul bagnasciuga del sito una carta velina di imponderabile leggerezza ed inconsistenza che ci tiene ad essere considerata super partes, ostentando un horror per l’incasellamento che può denotare soltanto un eguale e superiore talento per l’etichettatura (visione dall’alto di una mano che verga in una lista su di un foglio le seguenti parole: “X: rassegnato superiore e cinico: blandirlo; Y: troppo interessante per non voler avere a che fare con me, insistere”, altro riquadro con volute di fumo di sigaretta, altri riquadri in sequenza ci mostrano l’autore di cui non vediamo il volto ciccare nervosamente in un portacenere, il foglio chiuso in un diario illustrato con immagini manga/altro riquadro con un BRAAAUMM rombo del motore di un’automobile atto ad indicarci che lo sconosciuto è partito a tutta birra verso una destinazione ignota ma probabilmente collegata con la lista misteriosa), virtù quest’ultima sicuramente apprezzata da chi precedentemente utilizzava il sito come una sua personale riserva di volti e nomi da incollare con lo stick su certe sue schede che tiene in casa chiuse in un armadio, cartoncini bristol 15x20 con le foto di due utenti accostate e poi scostate e poi riaccostate ad altre ed una domanda incombente (un riquadro con la scritta incorniciata dal fumetto a pallini che indica pensiero, scritta che dice “X ed Y: in che rapporti saranno? Promemoria: Controllare fingendo di essere disinteressati.”). E mi sovviene di un’altra entità neutra ed insapore che mi diceva, anche lei, essere importante prendere posizione su questioni femminili quando non l’ho vista mai aver le palle di prendere una posizione sulle ingiustizie che le scorrevano sotto le pupille qui dentro, e mi domando come si faccia ad incitare gli altri a schierarsi su un avvenimento di rilievo nazionale quando ogni volta che c’è una discussione in bacheca te la fili e torni quando è finita postando opportunamente una fotografia. Mah (fotografia, una a caso, tanto..). E siccome questo scritto ha ormai assunto l’andamento di una Domenica delle Salme – anche se voi mi leggerete lunedì – non posso omettere gli Omissis: anime a salve, che di questa pastoia sono evidentemente rimaste insabbiate, e che si barcamenano cautamente tra un saluto ed una diffidenza, convinte dal gran ciu ciu ciu che l’amicizia che c’era sia stata snaturata da eventi ai quali noi siamo invece del tutto estranei, anime care che chissà perché se ne stanno lì sul limitare e che ci mancano come sempre ci manca chi è stato – o era – capace di farsi i cazzi suoi (fotografia del filosofo Ferdinand Lassalle). Alla fine di tutto, poiché la canicola è fatta più che di temperatura esterna di respirabilità dell’aria, mi rimane l’estrema speranza: speriamo che venga presto l’inverno perché mi avete veramente asfissiato (Corvette rossa targata South Dakota che si allontana).
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