Non ne scrivo da tempo. A nessuno interesserebbe e a me potrebbe essere ugualmente indifferente. Le playlist poi non parlano, non emettono suoni, quello che si avverte è un grido soffocato nella pletora devastante dei nostri giorni. Ma la parola scritta solo apparentemente fa meno rumore. Anch'essa crea un movimento dell'aria, una emissione di onde che si infrangono contro i vetri fino ad incrinarli. E poi è una possibilità come un'altra per confondere le voci e dissolverle tra le facce che non appaiono, tra le parole dette e quelle taciute. La parola ama nascondersi quanto apparire. Le mie si comportano allo stesso modo, ma hanno accettato un rischio più grande: ormai comunicano a gesti, perché non sanno più darsi un senso. Il silenzio, infatti, sa rendersi prezioso solo a patto che ci sia qualcuno disposto ad ascoltarlo.
Con Helge Nissen, Halvard Hoff, Jacob Texière, Hallander Helleman
Lo spessore della parola, la sua forza persuasiva, il suo patto con il potere, nella stringente necessità di raccontarla solo per immagini. A Jay Gatsby
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