Queer di Guadagnino, un altro film di Kiyoshi Kurosawa, otto film di Tsukamoto. Un thriller che si svolge tutto in un ristorante, una commedia sentimentale italiana con risvolti drammatici, la Marsiglia di Guédiguian. E molto altro perché in tutto ci sono 22 "nuovi" film.
Torna al cinema in versione restaurata 4K uno di quei vecchi film che non invecchiano mai e, come i Classici, continuano a dirci quello che hanno da dire. Blade Runner, 1982, fantascienza? Mah, forse no.
Diretto con solido mestiere da Tristan Séguéla, fino ad ora più avvezzo alle atmosfere da commedia, Mercato si rivela un convincente e complesso thriller che consente al noto attore comico Jamel Debbouze di dare prova di lodevoli sfaccettature da interprete drammatico.
Fortemente voluto/cercato e altrettanto mosso da una propensione personale, è obbligatoriamente un film destinato a non fare prigionieri e quindi a sollevare un vespaio, cosparso com’è di pulsioni inesorabili e di disposizioni che fuggono da quelle ricette industriali che vanno per la maggiore.
La regia di Kurosawa è più asciutta che mai. Ogni inquadratura è misurata, essenziale, priva di orpelli. Non c'è musica a guidare le emozioni, non ci sono spiegazioni inutili. La narrazione avanza come una spirale che si stringe lentamente intorno al protagonista.
Ci sono sette film che escono con almeno 150 schermi ma noi abbiamo un ottimo motivo per consigliarvene uno che ne ha 60. Comunque la lista (completa di trame brevi e trailer) è come sempre qui.
La paura cronenberghiana si trasforma con gli anni, cambia sembianze e si adatta alle circostanze. E Cronenberg ci insegna ad osservarla, come quando aspettiamo che il sangue cessi di uscire dalla ferita e aspettiamo che rimanga la cicatrice, a ricordo di quello che è stato.
Un documentario stupefacente che non fa sconti alla vigliaccheria e alla brutalità gratuita dell'uomo, che pare fiction per come tiene salda l'attenzione, per la capacità di cogliere la follia del gesto umano e la devastante agonia del grande animale innocente ed ansimante.
Bird di Andrea Arnold - Due ore molto solide, con storie minimali che s'intrecciano, in una coralità viva, vivissima, seppure piagata da una vita difficile e senza sbocchi. Andrea Arnold non è e non sarà mai, una regista banale. Fortemente consigliata la visione in lingua originale.
Una scoperta che coglie in profondità lo spirito di due pionieri finora liquidati come “inventori del cinema”, relegando il loro ruolo quasi solo a ingegneri, tecnici, esperti di macchinari. E invece si tratta di arte e di grande cinema. Ossia: Lumière – L’avventura del cinema
Nonostante la forza dei temi trattati, la sceneggiatura presenta passaggi poco chiari o poco sviluppati. Alcuni eventi e l'evoluzione dei personaggi sembrano forzati, spezzando la tensione accumulata, anche se la regia e le performance degli attori riescono comunque a mantenere l'interesse.
Matilda De Angelis e Yuri Tuci si mettono a completa disposizione della storia e ci regalano una gioia per gli occhi e per il cuore. E Greta Scarano con quel Ci vuole orecchio di Jannacci fa fare al film un salto di qualità e lo candida come migliore esordio dell’anno.
Ron Howard in regia garantisce una certa solidità all'opera, ma impedisce anche il verificarsi di colpi di genio e spruzzi di genuinità che avrebbero fatto molto bene al film.
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