Hai detto di te modifica
Ha detto di sé
Perché l'arte dovrebbe soggiacere alla realtà, quando può aspirare per sua natura ad essere qualcosa di più: filtro interpretativo, riflesso deformante, creazione? Qualsiasi arte che si reputi naturalista, per ipocrisia o ingenuità, non potrà mai essere conseguente a sé stessa: ogni suo tentativo di mimare quell'intrico multiforme e polifonico che è il reale sarà inevitabilmente destinato a tradursi in voce singola, in punto di vista, e perciò stesso in opinione. All'arte non pertiene l'aletheia, ma la doxa, non l'oggettivo, ma il soggettivo, e dunque: che quest'opinione sia espressa non timidamente, ricercando la stampella di un'oggettività che sa più di dogma che di verità, ma con impavido slancio e fiducia nel proprio sguardo! Viva il cinema antinaturalista, sì, ma questo non basta. L'occhio dell'arte deve posarsi pur su qualcosa, lo sguardo è tale solo in presenza di un oggetto: e per un artificio così propriamente umano qual è l'arte quale oggetto d'indagine più degno dell'animo umano? Ecco, il cinema più alto, per come lo concepisco io, è quello che sa coniugare la soggettività dello sguardo con una sincera e appassionata discesa nel profondo dell'humanus, in grado di restituirne splendori e miserie, luci e ombre, gioie e dolori, è quello che anche con una singola immagine riesce ad essere comunicativo e al contempo veicolo estetico. Ovviamente si tratta di un'astrazione definitoria che risulta abbastanza semplificativa di fronte alla varietà delle forme che il cinema può assumere e che purtroppo si scontra il più delle volte con l'inevitabile parzialità e imperfezione che contraddistinguono l'uomo ed ogni sua realizzazione.