Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
1500 in una terra arida vivono dei cannibali. Non parlano e fanno spesso la guerra, attaccando qualsiasi umano si avvicini finché il progredire della società lo condanna a morte. L’altra storia, che a questa si alterna, racconta di Julian giovane figlio di un industriale tedesco dalle hitleriane sembianze, che non sembra avere passioni ne attrazioni se non per i maiali verso cui ha un’ossessione malata che perpetra fin quando, anche in questo caso, il forte prevarrà sul debole, annientandolo.
Due storie agli antipodi che si intrecciano e collimano ma la cui complicità è chiara solo alla fine e probabilmente non a tutti considerando che con Porcile Pasolini apre a quel cinema ricercato e complesso, non che le altre sue pellicole fin qui non lo siano state, ma con questa pellicola la difficoltà di comprensione si fa sempre più ardua compromettendo la stessa visione.
Permane e anzi si espande l’astio dell’autore verso la borghesia che qui descrive come tiranna e fascista il cui prodotto (i figli appunto) sono dei nullafacenti con strani istinti ma da questo astio ne viene fuori una pellicola stoppacciosa, dalla trama fitta e complessa che solo sul finale, con l’avvento in scena di Tognazzi e la spiegazione dei fatti fino ad allora di dubbia comprensione, riesce a risalire dal torpore razionale in cui si era inabissata.
Un film complesso che ancora una volta si fa in un certo senso premonitore dei tempi che verranno pur utilizzando uno dei modi più criptici per raccontarcelo.
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