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Porcile

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Porcile

di Peppe Comune
8 stelle

Due storie parallele che si intrecciano e si specchiano l'un l'altra. Due racconti che si propongono di rappresentare la costante storica della prevaricazione dei forti sui deboli attraverso la metafora del divoramento. Nel primo racconto, del tutto privo di dialoghi e ambientato in una terra arsa e inospitale (ricreato sulle falde dell'Etna), un giovane ramingo (Pierre Clementi) detito al cannibalismo fa proseliti e, dopo una delle sue ultime scorribande, il gruppo viene catturato dalle autorità cittadine e lasciato divorare da un branco di cani selvaggi. Nel secondo, il giovane rampollo di una ricca famiglia di industriali tedeschi, Julien (Jean Pierre Leud), non intende affatto preoccuparsi degli affari di famiglia, non si conforma ai valori dell'alta borghesia ma neanche li contesta apertamente. Nutre un'attrazione morbosa per i maiali che lo divoreranno proprio mentre il padre, Herr Klotz (Alberto Lionello), un umanista che cita continuamente Brecht e Grosz, e Herdhitze (Ugo Tognazzi), un ex criminale nazista addetto alla raccolta di crani di bolscevichi ebrei, stanno festeggiando la fusione tra le rispettive industrie. La reiterata continuazione della società dei potenti, una società che divora i suoi figli per poi rigenerarsi sotto altre vesti : un'altra pervenza di perbenismo per un altro orrore sociale.

 

Ugo Tognazzi, Marco Ferreri, Alberto Lionello

Porcile (1969): Ugo Tognazzi, Marco Ferreri, Alberto Lionello

 

"Porcile" è uno dei film più chiaramente apocalittici del grande Poeta friulano. Un film che sceglie il grottesco per meglio sottolineare la centralità della creazione artistica consapevole e che tende all'irrealtà per meglio raccontare la verità della disumanizzazione. E' un film con una tesi forte : è storicamente accertato che i detentori del potere costituito tendono a distruggere ogni agente estraneo all'idea di ordine che si intende imporre. Non importa se si è obbedienti o meno, ciò che principalmente interessa al potere è generare le condizioni per quell'assolutamente indifferenziato in cui tutto diventa necessarimente la promanazione del suo arbitrio, il frutto della volontà eterodiretta di una massa informe e incolore. Quello che spaventa è la coscienza critica, la sacralità di un'idea di diversità autonomamente condotta fino all'estreme conseguenze. Evenienza questa che, in una società che cannibalizza tutto e che svuota di contenuto ogni cosa, solo nella pura essenzialità del vivere quotidiano può trovare il suo più naturale compendio, l'originale testimonianza di una vita autenticamente vissuta. Il Maracchione interpretato da Ninetto Davoli è l'unico personaggio che compare in entrambi i racconti e in tutti e due i casi impersona un povero contadino che si limita a registrare il livello di abiezione a cui è giunta l'umanità. E' a lui che Pasolini affidala sopravvivenza di quell'idea di umanesimo svincolato, tanto dall'alienante condizione dell'incompreso, quanto dalla protervia dei gestori del potere. La vivida semplicità di un Maracchione qualsiasi è concepita da Pasolini come il germe di una umanità autenticamente capace di fare scelte consapevoli, di porsi ben oltre le posizioni date una volta e per sempre, posizioni che, per quanto antitetiche, sono egualmente partecipi di un conformismo socialmente improduttivo. La sterile rinuncia alla vita o la solitaria ribellione sociale diventono un mero delirio esistenziale se non accompagnati da un recupero del senso più sacro della vita. Neanche tanto paradossalmente, diventano funzionali alla rigenerazione di quel potere che si intende combattere (come il giovane cannibale e Julien che vengono divorati dalla sostanza della società che hanno rifiutato) in quanto ne legittimano l'autorità fortificandone la natura repressiva. Per meglio solidificare questa posizione, i potenti attuano il rito della fusione : la mescolanza indifferenziata di ogni attività umana debitamente svuotata di senso e autenticità. Come viene detto da Herr Klotz, una società siffatta mantiene una "grande capacità di digerire", di interessarsi a ciò che ha cannibalizzato. Al suo interno, tutto rimane uguale perchè manca la forza sufficiente per renderlo diverso. "Porcile" è un tipico esempio delle capacità e modalità di analisi di Pier Paolo Pasolini che ha sempre guardato in faccia i problemi dell'occidente filtrandoli con la sua sensibilità di Poeta. Non fa sconti nella rappresentazione "oscena" dei suoi effetti possibili e il guaio è che i fatti hanno dimostrato che quasi sempre c'ha visto giusto.

 

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