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Uccidi o muori

Regia di Amerigo Anton (Tanio Boccia) vedi scheda film

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La recensione su Uccidi o muori

di scapigliato
8 stelle

Il film di Boccia risente del mestierismo improntanto sul modello classico americano. Di italiano c’è giusto il protagonista copiato da Clint Eastwood e la faida che fa molto “Per un Pugno di Dollari”. Per il resto l’andazzo è quello duro e puro di un western di maniera, fatto però da italiani in Italia, con i nostri bei cascatori e la nostra idea di western. Ed è anche riuscitissimo. Con inquadrature semplici ma evocative, un taglio profondo che prende tutto ciò che di bello il west ci dà, bei colori brunastri, tanta polvere e tante pistolettate. La storia è quella di tale Jerry Colt, alias Robert Mark, al secolo Rod Dana, che copia il vecchio Clint di Leone in ogni cosa e che si mette al servizio di una bella ragazza che lotta contro la famiglia rivale, quella del ranchero Griffith. Il più giovane dei figli, Spott (Fabrizio Moroni) è una bestia e ce la metta tutta per rompere l’anima allo straniero, tanto da finirci ammazzato. Il padre, che aveva un culto abbastanza morbosetto per il figlioccio, assolda un killer, Gordon Mitchell, per farlo fuori e non disturbare così il più cane tra i fratelli, ovvero Chester (Alberto Farnese). Questo arriva, frega il giovane straniero che viene messo a morte, poi salvato, curato e riabilitato dal solito vecchietto del West per poi tornare per la resa dei conti finale, messo a nuovo dall’whisky. Il film, se non fosse per l’assenza di grandi e bei volti, escluso Mitchell, sarebbe un bel film. Forse non apporta nulla di nuovo, ma sa giocare con quello che già c’è. E poi è stilisticamente perfetto. Accademico, ma perfetto. C’è tutto il Leone dei primi anni, senza che ci fosse davvero Leone sul set, ovvio. Le due famiglie faziose, l’eroe lì in mezzo, il poncho e il cappellaccio alla Eastwood, il pestaggio e la seguente degenza nel locus amoenus, dove il fisico e lo spirito si ritemprano, e poi il duello finale con tanto di dettaglio sui grilletti. Sì, perchè mentre il cattivo Chester ha già la pistola in pugno puntata verso l’ancora disarmato Rod Dana, nello stesso tempo in cui l’avversario alza il cane per sparare, Dana estrae, punta e spara uccidendolo. Spettacolare fino ad un certo punto, perchè tutto resta nella bellezza composta del fascino iconografico delle locations e della set decoration. Gli attori funzionano e la regia li tiene a bada. Ma su tutti trionfa Andrea Bosic. Il suo è uno degli sceriffi migliori mai visti. Il primo, credo, a non palesare la propria faziosità, ma a cercare una via legale e giusta: termini che spesso si confondono con ordine e cieca repressione. Gordon Mitchell invece, che nel suo cappello introduttivo sembrerebbe addirittura il diavolo in persona, perde tutto il fascino dell’aspettativa. Personaggio di suo molto prosaico e macchiettistico, appiccicato così e così alla storia, giusto perchè bisognava metterlo da qualche parte. La sua fine è imbarazzante.

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