Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Cronaca sincopata di una fine.
Charlie "Bird" Parker è un genio triste, porta a spasso con rassegnazione un corpaccione goffo ("Impara a camminare come un jazzista"gli dice la futura moglie) e un bel carico di demòni.
Eroinomane sin da adolescente, andò incontro quietamente alla propria autodistruzione, come nota bene Roger Ebert, senza enfasi o atteggiamenti banalmente maudit.
Allo stesso modo, senza scontati omaggi alla poetica del maledettismo, Eastwood gira una pietra miliare del genere biopic, quasi tutto in notturna, con la passione dell'intenditore (Clint è un buon pianista dilettante) e, ovviamente, musica leggendaria.
La scansione temporale è lasciata, jazzisticamente (verrebbe da dire), a un incastro sincopato di flashback più mirati alla suggestione emotiva che a un preciso effetto narrativo.
Whitaker giganteggia, ma tutto il cast è ottimo, a cominciare da Diane Venora, che interpreta Chan Parker, centrando con grande sensibilità il personaggio di una donna il cui sconfinato amore per il marito era in perenne e precario equilibrio con la difficoltà di vivere accanto a un geniale disadattato.
La fine è nota, Parker muore in casa di un'amica di famiglia che l'aveva accolto, mentre girovagava solo per New York dopo aver fallito un ennesimo impegno di lavoro.
E resta allo spettatore la sensazione che quella sera del 1955 qualcosa di importante, forse unico, sia andato perduto per sempre.
Cartello finale: "His music still lives on".
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