Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Charlie Parker è stata la prima rock-star dedita alla distruzione dei codici artistici dei suoi contemporanei e nello stesso tempo impegnata alla <<distruzione>> della propria vita. Al cinema ha avuto fortuna incontrando un regista a cui non interessa fare un film solo su sesso droga e jazz, e non è cosa da poco vista la sorte toccata ad altri artisti maledetti, di cui si è esaltata la sregolatezza con poco genio. Eastwood supera brillantemente il rischio dell'esempio di vita positivo o negativo, restando in equilibrio tra pubblico e privato, musica e famiglia, vizi e virtù. Equilibrio che convince il regista ad utilizzare registrazioni originali di Bird con l'aggiunta postuma di accompagnatori moderni, per lui che lo aveva ascoltato quindicenne non è ammessa la possibilità di farlo reinterpretare, come dire che l'efficacia della colonna sonora non può essere più importante del valore storico e documentale della stessa. La musica si complica, Parker non sa che farsene del ritmo e della melodia, gira intorno alla base ritmica, la sua musica è un flusso di emozioni e sensazioni che si reggono anche da sole. Anche la regia si complica, la frammentazione della letteratura beat e l'esuberanza del be-bop sembrano giudare la mano di Eastwood che si permette un piano-sequenza tra le vie di New York degno del miglior Scorsese. La narrazione non è mai lineare ma accumulo di ricordi del protagonista, della moglie degli amici e nemici dove la ricerca dell'uomo appare obiettiva se non la più completa possibile.
efficace e storica.
Eastwood non conosce il significato della parola agiografia perchè conosce gli uomini, conosce i nostri limiti morali e sa riconoscere il genio altrui senza farsi nemmeno sfiorare dal tipico puritanesimo bigotto americano o dalle facili scorciatoie del maledettismo fine a se stesso.
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