Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Jake La Motta intrattiene il pubblico a suon di battute tristissime e barzellette rancide. Eppure quell'uomo è stato qualcuno, ha combattuto e vinto su un ring, è stato amato ed osannato, ha visto il successo e poi ne ha pagato le conseguenze.
Ma, soprattutto, ha pagato pegno alla sua indole. Astiosa, paranoica, menefreghista (verrebbe quasi da dire: classicamente, tipicamente italiana).
Scorsese maneggia stelle e polvere di un uomo complesso. E lo fa con una catena inarrivabile di virtuosismi ed intuizioni registiche.
La scelta di un elegantissimo bianco e nero fa da corollario alle altre opzioni vincenti: musica classica, ralenties al punto ed al momento giusto, riprese sul quadrato di realismo impressionante. Anche per merito di un montaggio che alterna il giusto nervosismo delle scene sportive ad una sorta di ovattata (e fasulla) pace di quelle ambientate in un ovile familiare tutt'altro che psicologicamente agiato.
E poi, ca va sans dire, Robert De Niro. Quando era ancora De Niro. Quando era capace di trasferire ogni propria minuscola fibra in un personaggio, (ri)creandolo dal nulla. Il suo La Motta è già negli annali e nei libri di storia del cinema: i famosi chili acquisiti per meglio rappresentare il pugile al tramonto non sono soltanto la fulgida espressione del talento onnivoro di un attore; rappresentano, di più, una sorta di professione di onestà interpretativa.
Capolavoro senza tempo e spazio, "Toro scatenato" scatena ad ogni nuova visione la ricerca di un particolare andato in precedenza perduto. Del resto non è solo la storia di un uomo in fondo comune, ma anche l'affresco di una certa America, degli anni del secondo dopoguerra, degli strani rapporti di potere tra boss e parvenu.
Quindi da non perdere, ogni volta.
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