Regia di Carmine Gallone vedi scheda film
Pina Biraghi, detta Biraghin, è una giovane aspirante ballerina della Scala. Una sera coglie al volo l'opportunità irripetibile di sostituire la prima ballerina, improvvisamente ammalatasi: è un trionfo. La notorietà porta rapidamente la ragazza a ricevere numerose proposte da parte di uomini dalle intenzioni non sempre chiare.
Commediola senza pretese che fa leva su un ottimo cast e sulle competenze di un regista ormai navigato quale Carmine Gallone, classe 1885, Biraghin è la trasposizione cinematografica di un testo teatrale di Arnaldo Fraccaroli, da quest'ultimo trasformato in sceneggiatura insieme al regista stesso. L'origine dell'opera è senz'altro evidente e non mancano di rimarcarla i frequenti siparietti cantati e ballati, che servono d'altronde ad alleggerire una materia narrativa in cui violenza e dramma compaiono in sufficienti dosi, allontanando così la pellicola dagli standard del melodramma in senso stretto. Se il nome di Lilia Silvi, la protagonista, dice effettivamente poco (e la sua prestazione sul set non lascia più di tanto il segno), così non è per buona parte dei restanti nomi della sezione centrale del cast: Paolo Stoppa, Mario Pisu, Tino Scotti, Andrea Checchi e Lauro Gazzolo sono i principali. Fotografia di Anchise Brizzi e montaggio di Eraldo da Roma; Armando Grottini, di lì a poco regista in proprio, è l'assistente di Gallone. Ritmo a bassi livelli, sentimenti facili e lieto fine fisiologico: siamo nel 1946 e più di tanto, d'altronde, al cinema italiano non si può chiedere. 3/10.
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