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Paris, Texas

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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La recensione su Paris, Texas

di supadany
7 stelle

Opera che appartiene al periodo d’oro di Wim Wenders, quando il regista tedesco manifestava una mente creativa fuori dal comune (in questo caso già il titolo è assolutamente fuorviante), capace di andare oltre a mille dubbi e problematiche, per esempio in questo caso il film approdò a Cannes al volo, con poche certezze sul suo possibile apprezzamento (la genesi fu lunga e frastagliata), particolare, come molti altri, e ciò è capibile guardando gli extra del dvd in pieno stile “Raro Home video”, eccellenza italiana in fatto di ri-edizioni (peccato che oggi ci si accontenti troppo spesso di un download di dvx per vedere un film).

Mentre vaga per il deserto senza apparente meta, Travis (Harry Dean Stanton), viene trovato e riportato dal fratello (Dean Stockwell) dove ritrova suo figlio Hunter che a lui è stato lasciato dalla madre Jane (Nastassja Kinski) a sua volta scomparsa.

Grazie ad un indizio, Jane potrebbe essere rintracciata, così Travis parte di nascosto col figlio alla sua ricerca che li porta ad un “peep show”.

 

 

Opera che parte enigmatica per poi svelarsi senza foga e senza manifestare tutto subito, avvalendosi dapprima di spazi ampi (il deserto), poi di luoghi più convenzionali (laddove abita il fratello di Travis), andando poi in luoghi dove affrontare certi discorsi sentimentali non è proprio all’ordine del giorno (e tanto meno lo era trenta anni fa).

A questo si aggiunge un protagonista misterioso (e Harry Dean Stanton è di rara efficacia in tutto e per tutto, un uomo fuori dal mondo), con un’esistenza che si disgela passo dopo passo, con un legame padre-figlio raccontato in modo molto particolare e con un passato che ritorna, ma senza accomodarsi sulle soluzioni più convenzionali.

Un film molto naturale, fin dalla sua genesi, infatti il protagonista scelto era Sam Shepard, impegnato anche nella sceneggiatura, poi per i tempi dilatati dovuti alla necessità di trovare i fondi, la scelta cadde altrove e lo stesso script fu ultimato in corsa, tra telefonate varie (altri tempi, altri confronti).

Ed in fondo questa precarietà ha influito positivamente sul film che precario è di suo, tra i suoi tempi dilatati e riflessivi, tra tutte le difficoltà poi premiate ampiamente, a partire dal conseguimento della Palma d’oro al Festival di Cannes del 1984.

Nota a margine … il film è dedicato a Lotte Eisner, morta durante le riprese e premiata per aver valorizzato con vigore il cinema tedesco (e non solo).

Più o meno apprezzabile (per quanto detto non è per tutti i gusti), ma prezioso.

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