Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Wenders ama il Cinema. Wenders ama il Viaggio. Wenders ama sè stesso. Riunisce le tre cose ed ottiene un film scrupolosamente bello esteticamente, che masturbatoriamente indugia sull'idea di incompiutezza che il viaggio della vita trascina con sè. Paris, Texas è un cortometraggio affascinante dilatato fino alla mostruosa lunghezza di due ore e mezza, farcito di autoindulgenti pause e silenzi (il protagonista comincia a parlare dopo circa venti minuti, e nella prima metà del film a malapena usa le corde vocali per grugnire) e focalizzato su un'antonioniana personalità sfuggente - e forse sfuggita anche al suo stesso personaggio - che tutto potrebbe (voler) dire, ma così poco lascia trasparire. In questo senso la recitazione minimale di Harry Dean Stanton, pochi e sconfortati gesti per un laconico sguardo perso in un orizzonte confuso di piacevoli memorie ed annichilenti delusioni, è perfetta. Nel cast anche Nastassja Kinski - che compare solo nella parte finale - ed il bravo Dean Stockwell, che quell'anno girava anche Dune con Lynch e che troverà il successo televisivo qualche tempo dopo con la serie In viaggio nel tempo. Il ritmo della sceneggiatura (L. M. Kit Carson e Sam Shepard) fa semplicemente innervosire: peccato. Belle musiche blueseggianti, così aderenti all'on the road della trama, incise da Ry Cooder. Fotografia di Robby Muller, già con Wenders per Nel corso del tempo, Falso movimento, Alice nelle città, sorta di trilogia realizzata a metà anni '70 con cui questo Paris, Texas ha qualcosa da spartire. 5,5/10.
Travis è allo sbando, lasciato dalla moglie, e fugge nel Texas, a Paris. Solo quattro anni dopo il fratello lo ritroverà; riavvicinatosi al figlioletto, Travis andrà a Houston per rivedere l'ex moglie. Ma non avrà particolare fortuna...
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