Regia di Cornel Wilde vedi scheda film
Un virus distrugge le coltivazioni in tutto il mondo, avvelenando le graminacee e distruggendo di riflesso gli allevamenti. L'uomo torna alla barbarie, spopolando le città per invadere le campagne con patate e scorte alimentari. Un soggetto come tanti per lo spettatore moderno ma al tempo segnò il solco da cui sarebbe nata tanta letteratura.
Dopo aver apprezzato il bellissimo La morte dell'erba di John Christopher era ovvio riporre buone aspettative nella trasposizione filmica, restando ovviamente cauti sulle differenze che ci sarebbero state. Differenze che però si percepiscono appena. La principale è sul personaggio di Pirrie che nel libro ha un ascendente psicologico forte ma con connotazioni più violente. Per quel che mi suggeriscono i miei ricordi sfocati era tutt'altro che avvenente, e in là con gli anni. Ne ricordo una descrizione di un uomo scaltro, dal naso aquilino e me lo figurai un po' come Lee Van Cleef. Il capolavoro di Christopher segnò fortemente il suo tempo, stravolse le coscienze al punto da indurre molti lettori ad acquistare delle armi per difesa personale e il suo impatto si conserva bene in questa pellicola che, per quanto datata su alcuni effetti (i flashforward sono confezionati in maniera piuttosto artigianale), mantiene le attese dei lettori più pignoli. La violenza non viene risparmiata, la pressione psicologica è costante, gli attori decisamente bravi, bella la colonna sonora originale. Da recuperare.
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