Regia di Woody Allen vedi scheda film
A chi importa sapere come eravamo e chi siamo oggi? Allen si sposta fra le matriosche dell'arte e della realtà con un guizzo impareggiabile.
Sei Woody, ti vedi M, ti scatta il colpo di genio: ecco Ombre E Nebbia. Contrariamente a quanto si possa pensare, questo è un noir in tutto e per tutto. Allen ci ha abituato a farci penetrare l'essenza stessa del genere: ci è riuscito innumerevoli volte (vedi Il Dormiglione con lo sci-fi, per dire un esempio lampante) e qui ritorna in una società vetusta e molto 'cinematografica', compiendo enormi ellissi sull'intreccio per causare nausea all'individuo (l'ennesimo avatar del regista), tutto all'interno di una notte piena di ombre, nebbia e fumo. Il delirio è servito. Per l'occasione la regia abbandona il ritmo dei controcampi per deliziarci con movimenti lenti e sinuosi, che viaggiano da un filone narrativo all'altro. I caratteri, anche secondari, sono perfetti, dal signor Paulsen al tavolo di prostitute, al prete-quinta colonna. I problemi, nei film di Allen, sono molteplici, e qui costantemente rimpallati fra i due poli di massa e individuo, entrambe figure sociali in crisi nel '900. Ognuno con le proprie certezze quasi sempre date per oggettive (impagabile l'occhiataccia di Pleasence alle richieste di Woody), tra cui la filosofia idealista, il sensitivismo (qui olfattivo), la logica delle fazioni, l'ordine borghese benpensante: tutti temi già presenti in Lang, ma mentre tali correnti si diffondevano. Con Allen invece assistiamo a un viaggio nel tempo, come se un uomo di oggi fosse catapultato all'interno di una determinata epoca storica, o di un film, che ne è rappresentazione per nulla distante. Questo ci permette di guardare con sguardo lucido contraddizioni tuttora irrisolte nel nostro mondo, anche se ci culliamo in una fiducia nel progresso, non ben identificato. L'unica soluzione plausibile, infatti, è una non soluzione: il paradosso della società perennemente alienata.
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