Regia di Billy Wilder vedi scheda film
“Non disprezzo le donne, solo non mi fido di loro. Tutte occhi languidi e arsenico nella minestra!”
La presunta misoginia di Sherlock Holmes è da sempre argomento dibattuto tra gli studiosi del personaggio creato dalla penna di Arthur Conan Doyle. Vita privata di Sherlock Holmes, opera tra le più sottostimate del grandissimo Billy Wilder, che l’ha sceneggiata con l’apporto del fedele I. A. L. Diamond, si prefissa di analizzare quegli aspetti del brillante detective più dibattuti ma meno affrontati in precedenza dal cinema: ad esempio la dipendenza di Holmes dalla droga (“Mi avete anche descritto come un drogato, solo perché ogni tanto mi inietto una soluzione al cinque per cento di cocaina!”, rimprovera Holmes a Watson), utilizzata nei momenti di sconforto o quando non ci sono casi che riescono realmente ad entusiasmarlo. Ma soprattutto il film cerca di esplorare il difficile e controverso rapporto di Holmes con l’universo femminile. Tutto ha inizio una notte piovosa, di ritorno dall’invito ad un balletto russo nel quale Holmes (Robert Stephens), per rifiutare la proposta di una famosa ballerina di donarle una prole, inventa la scusa di essere un omosessuale. Al ritorno, l’investigatore ha un diverbio con il fedele dottor Watson (Colin Blakely): “Holmes, posso chiedervi una cosa? E non mi giudicate impertinente, ma… ci sono state donne nella vostra vita?”, chiede speranzoso il dottor Watson. “La risposta è si. Si, siete un impertinente!” gli risponde lapidario e offeso Sherlock. All’improvviso, alla porta del 221b di Baker Street si presenta un cocchiere, che consegna una donna ritrovata in stato di amnesia sulle sponde del Tamigi con indosso soltanto un bigliettino recante l’indirizzo dell’abitazione di Holmes. Questi scopre dai suoi indumenti che la donna è belga e si chiama Gabrielle Valadon, che ha subito un’aggressione e che stava per rivolgersi al detective per ritrovare il marito misteriosamente scomparso. Holmes intuisce che le tracce del marito di Gabrielle conducono in Scozia, e decide di partire per Loch Ness insieme a Watson ed alla stessa donna, dove i tre cominciano ad indagare. Quello che verrà fuori dall’indagine sarà una triste e amara sorpresa per lo stesso Holmes.
Incredibilmente sottovalutata alla sua uscita e poco considerata ancora oggi, Vita privata di Sherlock Holmes è una delle opere più preziose e originali dell’intera filmografia di Billy Wilder. Il grande regista di origine austriaca dirige con gran classe, affidandosi ad una maestosa scenografia, ad una puntigliosa ricostruzione d’epoca e ad un cast di attori poco celebri ma essenziali per i ruoli. Il copione di Wilder e Diamond è perfetto e calibrato al millimetro, e mescola il raffinato tocco umoristico tipico della coppia con un ironia di stampo british. Ma Vita privata di Sherlock Holmes si differenzia dall’ultima produzione di Wilder, avvicinandolo per temi ai drammi più cupi realizzati nella prima parte della sua carriera. L’intenzione è quella di demistificare il personaggio leggendario Holmes, riconducendolo ad una dimensione più umana e comune. Il celebre e infallibile detective viene sconfitto sul suo stesso campo, ma soprattutto rivela una fragilità che non credeva di avere o che forse teneva solo nascosta da una maschera di cinismo. Soltanto per non fare del male al suo cuore già malato, sensibile come quello di chiunque altro. E se le battute taglienti ed alcune gag riuscite ci avevano fatto credere di assistere ad un divertissement ironico e smaliziato, il finale anticonsolatorio e struggente ci lascia con un freddo addosso che non si dimentica.
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