Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Il miglior film mai realizzato da De Palma, coincidente con la migliore interpretazione mai data da Pacino (cioè da uno dei migliori attori viventi), è la continuazione ideale di Scarface: cosa sarebbe successo se il gangster, anziché morire giovane in uno scontro a fuoco, una volta uscito di galera avesse deciso di cambiare vita? La risposta è nella primissima inquadratura: sarebbe morto giovane lo stesso, anche se “più tardi di quanto pensava un sacco di gente”. Una scelta narrativamente discutibile (un finale a sorpresa avrebbe avuto certamente un impatto emotivo maggiore), che però serve a inchiodare subito il protagonista a un destino a cui non si sfugge. Tutti abbandonano Carlito, tutti lo tradiscono: l’ex compagno di bisbocce (“Io non t’ammazzo, Lalin, io non ti tocco nemmeno. Ti chiedo soltanto come puoi fregare le uniche persone che t’hanno voluto bene”), l’amico fraterno (“Siamo pari” “Ti offro un drink” “Dillo: siamo pari”), la fidata guardia del corpo (“Senza rancore, Carlito, ma anch’io devo pensare al mio futuro”). Tutti tranne lei, Gail, l’unica che lo chiama Charlie anziché Carlito (“Quando sei in galera passi un sacco di tempo a pensare a chi andrai a trovare il primo giorno che sarai fuori, il secondo giorno e il terzo. Ma poi, quando esci, trovi che le facce della gente sono diverse da come te le ricordavi; magari anche la tua è diversa. Ti auguri di trovarne una che non è cambiata: una faccia che ti riconosca, che sia come è sempre stata”): una meravigliosa Penelope Ann Miller, che in mezzo a tante commediole trova finalmente il ruolo della vita. È accanto a lei che Carlito sogna di ricominciare, ma anche lui sa di non essere più quello di un tempo; ha perso colpi, si è ammorbidito, fino a commettere il fatale errore di dimenticare gli insegnamenti di Machiavelli: “debbesi fuggire al tutto la via del mezzo, la quale è dannosa, come la fu ai Sanniti quando avevano rinchiusi i Romani alle Forche Caudine; quando non vollero seguire il parere di quel vecchio che consigliò che i Romani si lasciassero andare onorati o che si ammazzassero tutti; ma pigliando una via di mezzo, disarmandogli e mettendogli sotto il giogo, gli lasciarono andare pieni d’ignominia e di sdegno” (Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio II 23, 33). Il finale è già scritto, ma il dopo no: noi spettatori non sappiamo, come non lo sa Carlito, se davvero Gail terrà il bambino e andrà via da una città dove “non c’è posto per una che ha il cuore grande come il suo”; l’ultima immagine che resta, nei suoi come nei nostri occhi, è la silhouette di una danzatrice che prende vita sullo sfondo di un’isola tropicale: almeno i sogni, nessun Benny Blanco del Bronx potrà mai portarceli via.
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