Regia di Brian De Palma vedi scheda film
L’anima del ghetto ha la stessa consistenza viscida dell’aria di palude, però è un vapore metropolitano, impastato di suoni di latta, luci al neon ed odore di vernice. È come una pizza a base di sangue e cocaina, condita dal sapore speziato del gergo criminale ispanico. In questo film Brian De Palma utilizza lo schermo come una tavolozza, in cui le chiazze sono i bacini, profondi e inquieti, di una vibrante topografia di emozioni. Il colore esce dai margini, per diventare il potente retrogusto delle immagini e l’alone incandescente dei pensieri. Ogni inquadratura ha il bordo frastagliato di una stampigliatura a freddo: il non detto si imprime con violenza su ogni scena, rompendo gli argini della sceneggiatura, e debordando oltre i contorni dello scrupolo registico. I personaggi non si lasciano definire dai ruoli, né raccontare dall’azione, in ogni istante sono questo ed altro, sono ciò che fanno e dicono, ma, soprattutto, ciò che si portano dentro da un tempo che è esistito altrove, fuori dai fogli del copione. Carlito Brigante è la classica figura “più grande del cinema”, chiamata a interpretare non le sequenze di una parte, bensì ritagli della sua esistenza, che proviene da lontano, e prosegue oltre. I suoi trascorsi carcerari sono presenti, come lo è il suo passato amore per Gail; il ricordo, in questo film, è un’eco che rimbomba nell’oggi, conferendo alle parole le livide ombreggiature del vissuto. Ed è anche un corpo tentacolare, che cinicamente insidia i propositi di oggi ed i sogni di domani. Uscire dal ghetto è impossibile, perché si rimane per sempre prigionieri nel suo intricato sistema di cunicoli, dentro cui spira la turbinosa corrente della predestinazione. I percorsi sono obbligati, le complicità imposte, le riflessioni vietate, gli errori inevitabili. La fuga di Carlito è impedita da una furiosa logica che lo risucchia, lo insegue ed infine lo accerchia, per trattenerlo, vivo o morto, all’interno di un serraglio in cui tutto il bestiame porta lo stesso marchio a fuoco, ed appartiene alla stessa razza.
Carlito’s Way è la tragedia che non accompagna l’ascesa e la caduta di un eroe, ma si limita a tracciare il volo radente di un essere comune; non una parabola che attraversa il cielo, ma una spirale descritta, a livello del terreno, da una farfalla con le ali rotte.
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