Regia di George Sluizer vedi scheda film
La tua ossessione è la mia arma migliore, con queste parole lo psicotico Barney (Jeff Bridges) si prende gioco del fragile Jeff (Kiefer Sutherland) alla disperata ricerca della sua ragazza scomparsa ormai da tre anni, il film di Sluizer, remake di una vecchia pellicola diretta dello stesso regista ma inedita in Italia, prima di essere un thriller è proprio un film sulle ossessioni e sull’impossibilità di vincerle.
Jeff e Diane (Sandra Bullock) sono in vacanza e nonostante qualche litigio tutto sembra filare per il meglio, i due si fermano in un area di servizio e la giovane donna si allontana per andare in bagno, un gesto normalissimo che però le sarà fatale, Diane scompare misteriosamente lasciando Jeff con un profondo senso di colpa e con un buco nero che pian piano si apre nella sua anima.
Tre anni dopo ritroviamo il giovane non ancora rassegnato, appende manifesti per la città, fa indagini private e si presenta nei programmi televisivi, un impegno massimo alla ricerca della verità frustrato però dalla mancanza di risultati, nessuna traccia della sua Diane, nessuna spiegazione, nessuna pista da seguire.
L’incontro con la cameriera Rita (Nancy Travis) rappresenta solo una parentesi serena nell’abisso della sua ossessione e per un po’ la sua vita sembra riprendere vigore, almeno fino a quando Barney non decide di uscire allo scoperto e di contattare Jeff, vuoi scoprire quello che è successo a Diane gli chiede? Devi vivere sulla tua pelle la stessa esperienza che ha vissuto lei, solo cosi scoprirai la verità, e Jeff non può far altro che accettare.
È su questa difficile scelta che Sluizer costruisce il suo film, un thriller minore che si giova di ritmi non sostenuti ma che trasmette una tensione tangibile fin dalla prima sequenza, merito indubbiamente degli attori ma anche di un plot solido che ben caratterizza i tre personaggi in scena, lo squilibrato Barney di Jeff Bridges (sguardo assente eppure vispo, rapace) il fragile Jeff di Sutherland e la combattiva Rita della Travis che nel movimentato finale sarà decisiva (quindici minuti ricchi di azione e paura).
The Vanishing è stato (ed è ancora) un mio personale guilty pleasure, anni fa lo passavano spesso in tv e sempre a tarda serata, rivisto oggi non perde neanche un pizzico del suo fascino pur restando un film abbastanza convenzionale, la vicenda thriller è infatti scontata e poco originale ma ad affascinare sono altri aspetti.
Il dilemma che affligge il protagonista è uno di questi, la scelta che fa non è logica ma il regista riesce nell’impresa di renderla credibile, l’occhio più scafato dell’appassionato noterà qualche stonatura (la più limitante è che lo spettatore, a differenza di Jeff, sa già come sono andate le cose) ma a conti fatti la resa finale è comunque convincente e a tratti appassionante.
E poi c’è il personaggio di Barney splendidamente reso da Bridges, un cattivo poco appariscente e persino banale, padre premuroso, docente qualificato eppure psicopatico conclamato, anche lui ossessionato da qualcosa, dal bene e dal male e dalla linea invisibile che li separa.
Thriller psicologico con un forte connotazione drammatica The Vanishing concede poco al puro spettacolo, il regista si concentra sui personaggi trasmettendoci un senso di angoscia tangibile, solo nel finale cede all’azione mettendo in scena un balletto fangoso ricco di inseguimenti e morti viventi.
L’originale Spoorloos datato 1988 non è mai uscito in Italia e non si trova nemmeno in Dvd, le uniche edizioni disponibili sono quella francese e la Criterion americana, sarebbe interessante fare un confronto fra le due pellicole visto che leggo di un finale meno buonista e decisamente più cattivo.
Voto: 7.5
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