Regia di Joel Schumacher vedi scheda film
Licenziato, allontanato dalla famiglia, e infine bloccato in un terribile ingorgo. Adesso bastaaa!!!!!
Era dal 1993 che snobbavo questo film, perché pensavo che fosse una banale storia dell'uomo comune che non ne può più e si in... si arrabbia, e sfoga tutto quello che ha sopportato. Era un'idea sbagliata, perché questa pellicola è molto di più. E' un'analisi non banale e in anticipo sui tempi sul malessere dell'uomo americano e non solo, schiacciato da logiche lavorative che maciullano e umiliano le persone, ed emarginato da una cultura e da una legislazione familiare che favorisce la separazione e – apparentemente – la donna. Apparentemente, perché questa moglie e madre si rende conto ad un certo punto di essere vittima di una concezione di diritto e di sicurezza che ha giocato pure lei.
Tornando a lui, cioè un ottimo Michael Douglas, dopo un licenziamento stile cartaccia gettata nel cestino, e dopo che era stato allontanato dalla famiglia ad opera della legge e dai servizi sociali più che dalla moglie, ad un certo punto raggiunge il livello di sopportazione, di saturazione, di sostenibilità, e scivola in una lucida e pacata follia, che consiste solamente nel fargli perdere tutte le inibizioni sociali, tutte le remore, tutti i freni, e si mette ad accantonare, con le belle o con le brutte, tutti coloro e tutto ciò che si mette di traverso nel suo raggiungere l'unico luogo dove potrebbe trovare un po' di dignità e di accoglienza, cioè la sua casa e la sua famiglia. Il caldo e l'ingorgo non sono che la miccia la quale accende una dinamite già lì pronta ad esplodere.
A gettare benzina sul fuoco della rabbia repressa sono anche l'egoismo assoluto di certe persone, come il negoziante che si rifiuta ad oltranza a cambiare un dollaro in moneta, e lo stizzoso e permaloso giocatore di golf. Sono anche due campioni di un'America gretta e senza cuore, due primi inter pares, visto che sembrano essercene tanti altri in giro.
In un certo senso, questi si può definire un film profetico, perché allora i casi di cronaca simili a questo erano ancora rari, ma erano destinati drammaticamente ad aumentare negli anni successivi. Anche in Italia. Tuttavia, nel sentire collettivo, siamo ancora lontani dal percepire l'ingiustizia di certe consuetudini, leggi e situazioni sociali. Ci si limita a guardare e condannare gli effetti.
Michael Douglas dà un'interpretazione convincente di questo uomo uscito solo in parte di senno, tra il calmo e il furioso, dove cioè la furia non è repressa, ma lasciata tranquillamente divampare non appena si affaccia. E' ovvio che gli omicidi che compie non si possano giustificare né minimizzare, ma ugualmente non si può dire che le vittime si stessero comportando bene. Douglas ha l'unica vera colpa – che lo distacca dall'illustre padre – di aver accettato nella sua carriera un diluvio di ruoli sbagliati, come semplice sex-symbol o fuori parte, o semplicemente in film mediocri, solo per prestare la faccia e ritirare il cospicuo assegno. Si fosse tenuto ai film e ai ruoli giusti, oggi avrebbe la fama di grande attore. E questo uomo comune che va fuori di testa è indubbiamente uno di questi ruoli giusti. Un paio di altri che ricordo sono quelli di “Coma profondo” e si “Attrazione fatale”. Una scena che resta impressa per verosimiglianza e intensità è lui che abbraccia moglie e figlia. Schumacher mi è noto solo di nome, ma qui vedo che gestisce alla meglio il film, riuscendo bene a comunicare un senso di angoscia e di nervosismo. La Los Angeles che ci restituisce è sporca e caotica, di periferia, e soffocata dal traffico e dalla violenza. Anche certi personaggi secondari funzionano bene e non sono gratuiti, come i teppisti, il poliziotto, e il neonazista.
L'inizio è un'innocua citazione di “8 e mezzo” di Fellini, che sinceramente ho apprezzato.
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