Regia di Joel Schumacher vedi scheda film
Un film feroce come se ne sono fatti pochi. Non sbandiera una poco credibile iper-violenza, non racconta la rivolta folle e rabbiosa con il gusto dell'azione ma con un escalation cruda e reale bagnata di un odio inquietante.
Due protagonisti a confronto, uno che risolve la sopraffazione con la sopraffazione, l'altro che lo stesso identico schifo se lo lascia scivolare addosso ("un uomo che non si incazza" lo definisce il suo capo).
Uno che il mondo lo fa a pezzi, e spruzza ogni peggior emozione umana da tutti i pori.
Uno che ne raccoglie i pezzi e cerca di darne un senso.
Eppure lentamente la nostra attenzione scivola verso il folle protagonista, se non la nostra simpatia, un po' di comprensione.
Sì perché William Foster all'inizio è solo una brutta persona ripiena di tutti i pregiudizi del bianco americano medio e la sua rabbia non ci riguarda. È violento e prepotente e basta. Non ha grosse motivazioni, il sergente Martin Prendergast ne avrebbe molte di più e invece sorride sempre calmo nel film.
Ma poi le frustrazioni del protagonista "cattivo" si riempiono di significati più universali.
Iconica la scena del fasfood in cui la situazione "normale" ai nostri occhi è evidentemente più folle del folle William.
E come le armi in possesso di William crescono via via in numero e potenza scandendo l'escalation di violenza, le situazioni iconiche e paradossali si moltiplicano rendendoci più consapevoli della follia che ci circonda ogni giorno e che tendiamo a ignorare.
Entriamo nella testa di William e finiamo con lui "sull'altro lato della luna" da dove non riusciamo più a vedere la terra.
Ma William non è un eroe, resta una persona orrenda, che pensa solo a se stessa, che terrorizza la moglie e la figlia, che il suo piccolo inferno se l'è creato da solo.
E mentre col procedere della giornata William precipita in una fredda ferocia, Martin si scioglie e smette di accettare ogni cosa, si ribella ma senza crudeltà.
Li accomuna una figlia persa, un rifiuto per la menzogna (una delle frasi ricorrenti è "Davvero? Me lo mostri"), una comprensione della futilità di tante nostre consuetudine sociali ma li separa un punto di messa a fuoco.
William è concentrato solo su se stesso, vede solo se stesso, per lui tenere insieme la famiglia vuol dire braccarla.
Martin è proiettato sul resto del suo mondo, per lui tenere insieme la famiglia vuol dire prendersene cura a costo di annullarsi.
Ma allora perché ci sentiamo tanto più vicini a William?
Un film da vedere assolutamente almeno una volta nella vita, perfetto sotto molti punti di vista, soprattutto quello narrativo, recitato magistralmente e ricco di sfaccettature. Un film profondo che non si concede un attimo di respiro e sulla falsa riga di un poliziesco ci racconta di noi tutti con un linguaggio alla portata di tutti e lo fa senza giri di parole, senza un minuto superfluo. Il cinema al suo meglio.
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