Regia di Joel Schumacher vedi scheda film
La vita è un campo di battaglia che a volte non lascia scampo, un morsa che pian piano si stringe stritolando tutto, un insieme di fattori che improvvisamente cominciano a girare per il verso sbagliato, all’apparenza una congiura ben studiata da un nemico invisibile, per distruggerci, annientarci completamente.
Questo è quello che succede al fragile D-Fens (Michael Douglas), imbottigliato nel traffico cittadino, assediato dal caldo e da una mosca bastarda, un uomo segnato da eventi passati (che poi scopriremo durante il film) che improvvisamente cede, apre la portiera della sua macchina e si dirige verso casa, il suo è un ultimo disperato tentativo di fuga, per sfuggire al meccanismo di oppressione, per cercare un ritorno alla normalità, per ricomporre i pezzi di un puzzle infinito.
Schumacher è un buon mestierante che ogni tanto tira fuori il colpo vincente (sono pochi ma ci sono), con la sequenza iniziale di Falling Down raggiunge forse il suo vertice artistico, in pochi minuti presenta il personaggio principale, ne descrive con efficacia il sofferto stato d’animo, delinea con precisione un contesto ambientale caratteristico che risulterà alla fine fondamentale nell’economia del film (la metropoli selvaggia, l’indifferenza, la follia dilagante).
La Los Angeles in cui si muove D-Fens è una giungla urbana, una vasta zona di guerra dove si possono fare incontri molto pericolosi, una savana dove la bestia piu temibile si presenta con camicia bianca e cravatta, portamento marziale, taglio di capelli militare, penne stilografiche ordinatamente riposte nel taschino, valigia da lavoro completamente vuota.
Presto la metropoli stralunata e folle si accorgerà di lui, a cominciare da un imprudente venditore cinese (ops, coreano), e poi due balordi ispanici, un nazista esaltato venditore di cimeli di tortura e morte, due vecchiacci giocatori di golf, uno stronzo gestore di McDonald, lo scoprirà presto anche la moglie del nostro protagonista (Barbara Hershey), un ultima ancora di salvezza che non comprende (o preferisce ignorare) la deriva mentale dell’ex marito.
Il percorso di D-Fens appare subito segnato, il suo è un viaggio di sola andata verso casa, un miraggio abbagliante di una vita ormai scomparsa, perduta per sempre, nonostante gli innumerevoli incontri il personaggio si muove in un contesto urbano di desolazione, di ignoranza e cattiveria, la sua unica speranza è rappresentata da un anziano agente di polizia prossimo alla pensione (Duvall), un poliziotto lungimirante ma timido, deriso da colleghi cazzoni e incasinato da una moglie petulante e rompipalle.
Al tempo della sua uscita Falling Down fu aspramente criticato, gli si rimproverava la troppa violenza (secondo alcuni gratuita), il messaggio razzista-fascista di fondo, un esposizione eccessiva e a tratti persino grottesca di concetti e tematiche non facili da trattare, il film di Schumacher non è certamente esente da difetti, in alcune sequenze si esagera un po’ (la scena del bazooka è quasi una caricatura) ma nel complesso ci troviamo di fronte ad un opera molto ben articolata e ricca di spunti interessanti, clamorosamente attuale perchè fotografa con precisione una realtà che appartiene a tutti noi.
Sulla performance di Michael Douglas ci sarebbe da scrivere un saggio, ma è da sempre uno dei miei attori preferiti e non sarei obiettivo, con Duvall forma una coppia perfetta, due fuoriclasse che si dividono la scena in parti uguali e che si incontrano solo nel finale, messi uno di fronte all’altro in un farlocco duello western, che chiude amaramente l’aspra critica sociale di Schumacher.
Voto: 8
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