Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Quando, verso la fine degli anni Ottanta, Raitre trasmise Il cielo sopra Berlino (1987), aspettandomi un capolavoro assoluto, per com'era stato descritto da gran parte della critica, rimasi interdetto. E cominciai a rincuorarmi soltanto allorché, dopo la fine del film, il mai troppo ringraziato critico cinematografico Vieri Razzini affermò di ritenerlo un film irritante. Ecco: usò il termine che io non avrei saputo esprimere con altrettanta concisione e precisione. Questo Così lontano, così vicino, che aggiorna le storie degli angelici protagonisti alla Berlino del dopo Muro è, se possibile, peggiore. A parer mio, il miglior Wenders è da ricercare nelle opere degli anni Settanta, con qualche propaggine all'inizio degli Ottanta (in sostanza, secondo me, il suo ultimo film degno d'interesse resta Lo stato delle cose). Il cielo sopra Berlino, dopo il secondo scivolone americano di Paris, Texas (il primo era stato Hammett) ci proponeva un Wenders alle prese con una scelta originale, ma perdente, quella di andare a frugare nel soprannaturale, per trovare una via d'uscita al plumbeo stallo del suo paese (ma non solo di quello), all'epoca dell'agonizzare del blocco sovietico. E gli sembrava di trovare questa via d'uscita nei messaggeri del Bene, gli angeli, i quali, tuttavia, anziché portare agli uomini la lieta novella (ma quale, poi?), non trovavano di meglio che farsi uomini come noi. Bella utilità!
Ma, ben oltre l'inconsistenza del soggetto, è l'insussistenza della materia filmica a farmi bocciare sia Il cielo sopra Berlino che questa sua rimasticatura in forma di seguito, come se anche gli angeli wendersiani potessero avere lo stesso percorso cinematografico del Rocky di Stallone: qui li vediamo addirittura alle prese con una banda di pornografi trafficanti d'armi. Un film superfluo e interminabile, alla cui luce si può ben ri(s)valutare anche l'opera precedente, quale l'irritante (sempre Razzini docet) esperimento di un cineasta in crisi d'ispirazione.
Mi vengono a proposito le parole che un critico un tempo di casa sulle pagine di FilmTV (Alberto Crespi), stroncando con riserva il film di Wenders, scriveva nel 1993: «Così lontano, così vicino è molto noioso ed è assai risibile in tutto l'intreccio pseudo-giallo su cui Wenders costruisce il secondo tempo. [...] È un brutto film con momenti bellissimi. È un film-replicante, costretto a nascere dal Muro crollato che ha reso obsoleto, dopo il suo crack, Il cielo sopra Berlino. Wenders si è molto appesantito, ma è ancora in pista. Aspettiamo a darlo per morto». Ecco, diciamo che sono d'accordo nella sostanza, anche se ritengo questo film la pietra tombale sul cinema migliore del regista tedesco.
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