Regia di Giacomo Gentilomo vedi scheda film
L'infanzia povera, il talento canoro soffocato, il maestro di canto che credette in lui e la definitiva esplosione a livello nazionale e mondiale, con l'unico cruccio di un amore mai corrisposto: la vita difficile, ma gloriosa di Enrico Caruso.
Giacomo Gentilomo era un modesto artigiano principalmente noto per melodrammi di scarsa consistenza, confezionati a uso e consumo di un pubblico popolare facile ad accontentarsi. Inevitabilmente la sua vita di Enrico Caruso scade molto presto nel lacrimevole, con una sceneggiatura (Gentilomo, Fulvio Palmieri, Giovanni Soria e Maleno Malenotti - quest'ultimo è anche il produttore) che accenta le difficoltà e gli ostacoli incontrati lungo la strada dal futuro tenore di fama mondiale, rendendo ancora più 'patetico' in senso lato il prodotto, ma sminuendone allo stesso tempo l'impatto realistico. Caratteristica peraltro atipica in un 1951 italiano cinematograficamente ancorato in maniera salda al concetto di neorealismo. La storia però qui non va oltre il bozzetto, i personaggi risultano ben poco verosimili, la trama trasuda falsità fotoromanzesche; fra gli attori peraltro non figurano nomi di grande impatto, per quanto l'intero cast sia composto da buonissimi professionisti e interpreti di chiara esperienza teatrale. Qualche nome: Ermanno Randi, Carlo Sposito, Gaetano Verna, Lamberto Picasso e la giovane Gina Lollobrigida, d'altronde già piuttosto nota. La regia successiva di Gentilomo rimarrà in tema di melomania: sarà Melodie immortali - Mascagni, del 1952. 3/10.
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