Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Una fattoria toscana diventa quasi insensibilmente una comunità matriarcale dopo aver espulso tutti gli uomini, sia quelli inetti e fedifraghi sia quelli teneri e affidabili: resta solo un vecchio rincoglionito, unico innocuo residuo del genere maschile. Un affresco sociale che fa rivivere almeno a sprazzi i fasti degli anni d’oro della commedia italiana, e al tempo stesso asseconda con abilità e senza proclami ideologici lo spirito edonista e postfemminista degli anni ’80: sceneggiatura pimpante, ottima direzione di un cast internazionale (pur se appiattito dal doppiaggio toscano), efficace costruzione narrativa (la morte assurda di Noiret determina una crisi che sembra far precipitare tutto, ma che poi viene felicemente superata). Certo, poteva essere più cattivo, ma ormai i tempi si erano ammorbiditi; ha almeno il pregio di non essere ruffiano, e pazienza per lo schematismo della contrapposizione con l’Urbe corrotta e tentacolare. A vederlo oggi sembra già un film in costume, con le ragazzine che appendono in camera i poster di Ron e con i telefoni pubblici a gettone.
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