Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Nel 1986 uscì "Speriamo che sia femmina" di Mario Monicelli, film dal cast stratosferico pieno di divi, che in Italia si rivelò un grande successo al botteghino e anche di critica e ottenne numerosi riconoscimenti come David di Donatello e nastri d'argento, battendo il più giovane Nanni Moretti (che anni prima aveva osato "sfidare" Monicelli in una trasmissione televisiva) con il suo "La messa è finita". Si tratta di un film corale e femminista come si intuisce già dal titolo, dove Monicelli pensa bene di fare un elogio delle donne e di prendersela con la meschinità o la debolezza degli uomini, senza tuttavia esasperare troppo i toni poiché si tratta di una commedia con qualche passaggio più grave o amarognolo. Tuttavia, pur apprezzando la sensibilità di una scrittura a più mani in cui sono rientrati consumati professionisti come Benvenuti e De Bernardi e Suso Cecchi D'amico, che hanno saputo conferire un buon rilievo soprattutto alle donne, nel complesso il film sembra un po' invecchiato se rivisto al giorno d'oggi e meno incisivo per quanto riguarda quell'analisi sociale che invece risulta sconsolata e tagliente ne "La messa è finita", che risulta sicuramente il film italiano migliore dell'anno. Non sempre efficace nel disegno dei caratteri, il film sceglie la via del matriarcato come risposta un po' facile agli egoismi e all'inconcludenza di Leonardo, il conte destinato a sparire repentinamente dal racconto; anche il fattore Nardoni non ci fa proprio una bella figura e lo zio Gugo è una figura che assicura alcune delle pagine più divertenti e surreali, per quanto si possa obiettare che la comicità venga spinta in qualche caso ai limiti della macchietta. Se i critici italiani dell'epoca usarono elogi un pochino altisonanti, la critica straniera sembra invece essersi filata ben poco il film e rimprovera l'uso di attori stranieri che vengono doppiati perdendo efficacia nella recitazione. Hanno ragione? Io posso solo osservare che Liv Ullmann è sicuramente centrata sul personaggio, ma che in effetti non sembra dimostrare nel complesso quella prodigiosa padronanza espressiva dimostrata con Bergman e altri, anche perché limitata in qualche modo dal doppiato, pur svolto dalla fedele Vittoria Febbi; la Deneuve appare in un ruolo abbastanza secondario nelle dinamiche della trama e non lascia un'impressione memorabile, mentre buona la prestazione comica di Bernard Blier, che fa passare in secondo piano un Noiret non al suo meglio, e fra gli italiani direi che risulta convincente soprattutto la De Sio in un ruolo ben strutturato. Insomma non siamo ai livelli de "La grande guerra" o di "Brancaleone", però si può apprezzare una cura tipicamente monicelliana dei tempi del racconto, pur con qualche passaggio un po' verboso ed esplicativo. Rivisto al cinema in piazza a Roma Trastevere, piazza San Cosimato.
Voto 7/10
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