Regia di Stuart Hagman vedi scheda film
L’ipocrisia al fondo di tutta l’operazione – una major, la MGM, che sfrutta commercialmente la tematica dei movimenti giovanili sovversivi e contestativi partoriti nel ‘68 – viene parzialmente riscattata e circoscritta dalle piroette stilistiche di Stuart Hagman che, a forza di montare grandangoli e svolazzi, volteggi e spruzzi d’immagini lisergiche e subliminali, emula una sorta di nouvelle vague espressiva con qualche buon effetto all'occhiello. Il finale accende l’entusiasmo e piazza un discreto pugno nello stomaco, facendo soprassedere a tutti gli stereotipi snocciolati su ribellismo&co.
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