Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Più che essere di Bram Stoker, questa di Coppola è una reinterpretazione dei protagonisti del romanzo che cambia profondamente il senso della vicenda: l'horror gotico è un collante che dà forza ed evocatività a quello che è un puro melodramma, aprendo in qualche modo la strada alle moderne letture romantiche dei vampiri. Vlad Tepes diventa così un malato d'amore, prigioniero del tempo e della propria solitudine, che ha condannato sé stesso ad un eterno martirio in cui il dolore della perdita viene sublimato in un'inesauribile sete di sangue, che convoglia desiderio di morte e sfrenato erotismo in un unico, depravato atto predatorio: un eroe ottocentesco a metà strada fra D'Annunzio e Georges Bataille (con una spruzzata di Foscolo), assuefatto da secoli di omicidi ristoratori ma pur sempre bisognoso di ritrovare quella pace dalla cui rottura era scaturito il dono oscuro. Mina è forse la reincarnazione di Elisabeta (bascula indefinitamente fra le due identità, ma resta il dubbio che sia stata solo l'influenza psichica di Dracula a farle credere di essere la sua sposa perduta), ma indipendentemente da questo è il mezzo perfetto tramite il quale l'antico guerriero transilvano potrà sottrarsi al giogo dell'immortalità: sarà proprio lei a liberarlo dalla maledizione, in un'esecuzione rituale che si riflette nell'affresco in cui i due innamorati sono eternati in un abbraccio indissolubile. Una bellissima rilettura del classico, fra le più originali ed emozionanti, in cui Coppola dà sfogo ad uno sperimentalismo rarissimo nel cinema americano con scenografie fra il teatrale e l'onirico, giocando con le luci e gli effetti visivi per mantenersi su di una linea di confine fra il barocchismo kitsch e la sobria eleganza anglosassone, con interpreti costantemente esagitati e volutamente artificiosi (fra cui giganteggia Gary Oldman che in due ore passa dal rude guerriero al vecchio viscido e dal mostro spaventoso al nobile affascinante con grande credibilità), ottenendo un risultato forse non sempre perfettamente risolto ma pregno d'inventiva e di notevoli suggestioni cinematografiche (dal Macbeth di Orson Welles a Rosemary's Baby, da Kagemusha all'ovvio Nosferatu di Murnau). Magnifica colonna sonora di Wojciech Kilar, dalla struttura quasi operistica.
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