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L'inquilino del terzo piano

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su L'inquilino del terzo piano

di Peppe Comune
8 stelle

Trelkovski (Roman Polanski) è un modesto impiegato di origini polacche che prende in affitto un appartamento al terzo piano di un vecchio palazzo di Parigi. Prima di lui, l'appartamento era abitato da Simon Chule, una ragazza suicidatasi buttandosi dalla finestra. L'appartamento presenta tracce sempre più inquietanti che riconducono all'esperienza di vita dell'inquilino precedente, è sprovvisto di un bagno funzionante e da una delle finestre scorge quello in comune con tutti i condomini dove spesso si intravedono persone e situazioni strane.

 

http://media.cineblog.it/f/fil/film-da-vedere-linquilino-del-terzo-piano-di-roman-polanski-foto-e-trailer-italiano/Immagine22_1000.jpg

L'inquilino del terzo piano - Roman Polanski

 

Tratto dal romanzo "La locataire chimerique"di Roland Topor, Roman Polanski ci immerge in un'atmosfera che definire "kafkiana" è quanto mai opportuno data l'inquietante ambientazione claustrofobica che lo sorregge e la sensazione di grottesco che ne delinea la struttura narrativa. Direi che entrambi gli aspetti trovano il loro più ragionevole compendio nel palazzo in cui va ad abitare Trelkovski, un luogo sinistramente ambiguo e morbosamente soffocante per come sembra il ricettacolo di una umanità fastidiosamente schiava dei suoi più deplorevoli pregiudizi, il luogo consacrato a ospitare le più assurde allucinazioni. Ma è il palazzo in sè con i suoi abitanti a suscitare le sensazioni indicate, o è l'occhio delirante di chi si sente perseguitato da un vicinato che sembra complottare contro di lui con fare massonico a generarle ? E' un gioco di specchi che rende difficile definire una volta e per sempre il punto esatto da cui promana la sensazione di crescente inquietitudine di cui lo spettatore è reso partecipe. Il fascino del film, e il pregio del lavoro di Roman Polanski, risiedono proprio nel fatto di non rendere chiaro il limite tra l'incubo e la realtà (e il finale sembra fatto apposta suggerirci questo), tra ciò che è la diretta conseguenza di una mente disturbata dalla sensazione di trovarsi ingabbiato in un meccanismo perverso che lo condurrà certamente a una morte rituale, e un contesto sociale disturbante per il fatto di mostrarsi diffidente nei riguardi di uno straniero e di incarnare l'alienante "mostruosità" delle ordinarie bassezze del vivere quotidiano. Ai segni promonitori che preannunciano l'approssimarsi di una sciagura (i denti trovati conficcati nelle pareti, i geroglifici sul muro del bagno) si accompagna l'aria di congiura di cui il mite signor Trelkovski si sente vittima, che sembra volerlo costringere a cambiarsi d'abito, a mutare personalità (al bar, ad esempio, è indotto poco alla volta ad assumere le stesse abitudini di Simon Chule). Solo Stella (Isabella Adjani) gli si mostra amica, tutto il resto trama contro di lui. Insomma, è un ingranaggio che poco per volta gli si stringe come un cappio al collo o è lui che non sa reggere il confronto con quell'insieme di meschinità umane che scaturiscono dalla malsana condivisione di uno stesso spazio ? In definitiva, credo si possa parlare di due facce della stessa medaglia, entrambe partecipi della stessa angosciante sensazione di smarrimento, dello stesso incubo ad occhi aperti. Le nevrosi metropolitane filtrate attraverso l'occhio deformante di un folle. Un grande film. 

 

 

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