Regia di Roman Polanski vedi scheda film
L'inquilino del terzo piano è, alla pari con Rosemary's Baby, la vetta più alta della cinematografia polanskiana: forse meno noto, sicuramente meno acclamato, ma altrettanto sconvolgente. Il piano sequenza iniziale ci mostra il teatro in cui il dramma avrà luogo, per poi introdurci da subito con insana leggerezza ai personaggi e alla storia, in un'atmosfera morbosa resa ancora più sinistra dall'ironia velata sbilenca e macabra del regista. Il protagonista è Trelkovski, pacifico nuovo inquilino di un appartamento precedentemente abitato da una ragazza che ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra. Intimidito dai vicini, tutti anziani ostili e inospitali, inizia a convincersi che questi vogliano identificarlo con la ragazza stessa fino a volerlo indurre al suicidio. L'inquilino del terzo piano è un incubo ad occhi aperti, l'agghiacciante discesa negli abissi di una mente disturbata. Ma dov'è che finisce la realtà e inizia il delirio? Esiste un confine tra l'effettività delle vessazioni dei vicini e le allucinazioni del protagonista? Cosa significano i simboli egizi che la ragazza studiava e che lui trova sui muri del bagno? L'inquilino del terzo piano è un'esperienza angosciante, un film fatto di piccoli indizi, di gesti, di percezioni. Un film in cui di niente di ciò che si vede si ha mai la certezza che sia realmente accaduto. Né che sia stata solamente un'allucinazione. Un film che eleva la paranoia a paradigma, e di conseguenza induce lo spettatore a porsi una quantità di domande, ma senza mai fornire risposte. Semmai le suggerisce, e fanno ancora più paura. Capolavoro.
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