Regia di Ridley Scott vedi scheda film
L’etica dell’onore e l’estetica della guerra - in primis - personale.
Futile come ogni guerra (ma, miracolosamente, per una volta non letale).
Mentre la follia è un demone che possiede (ma come? Non divora?) la psiche d’un francese militare ai tempi dell’impero della prima ora, la nobiltà d’animo, mista ad un’ avventatezza che sa più d’autolesionistica stoltezza che di un senso irrefrenabile di giustizia sociale, domina l’agire del suo ussaro contraltare e lo vincola al comune sentimento dell’onore, obbligo morale cogente per ambo gli sfidanti (benché percepito con significati assai diversi dai codesti contendenti).
Fino a quando il ciclo della storia imperiale non decade, sì da portarsi appresso tanto la vanagloria del suo più illustre artefice, quanto quella del suo più ligio servitore (soppresso da un destino metaforicamente supino all’ego garrulo del primo imperatore). In un esilio immerso nel profondo d’un paesaggio di rara (consolante) bellezza.
Ma chi sa cosa ancora cova in quell’occhio collerico e perso, letteralmente incavato nel buio del ricordo (della fu grandezza di uno sfrenato condottiero corso)?
Più che mai vana, ora, l’inchiesta di una commissione disposta a sondare l’abisso che celava la forma dell’etichetta cavalleresca. L’ossessione innescata da una ressa di minuzie (tracce sbiadite d’un amore di cui il tempo declinò l’invito a farsi testimone).
Pretesto effimero che si traduce in una trama esile, salvo ch’è la costruzione scenica ad impressionare lo spettatore. E l’uso della luce (anche quando questa retrocede ed al contempo forme, colori e soffuse atmosfere - OGM - allude).
È nell’illuminazione di volti e sentimenti, di calore umano e freddo esteriore (ed interiore); è nella fotografia sublime (domestica e campestre) e nelle scenografie devote ad una visione “artistica” della natura (ma colta senza inganni ed artifici di sorta) che Scott & Co. si dimostrano davvero artigiani di prim’ordine. Costumi fedeli e ricostruzione storica in generale calzano a pennello (e fanno il resto).
Barry Lyndon (d’altronde) ha fatto scuola.
Esordio col botto, dunque, per un autore che, da quel momento in poi, ci avrebbe abituato (quasi esclusivamente) a film altrettanto (ognuno a modo suo) interessanti.
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