Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Il duello come ragione di vita,come offesa e difesa nel momento in cui,anziché ribadire il codice d’onore di chi si vota alla salvezza altrui,all’ideale,condivisibile o meno,della difesa della patria,lo aggira per soddisfare una ottusa idea dell’invincibilità personale,dell’esaltazione napoleonica(guarda caso) che non accetta un’insubordinazione che non esisite.
Due personaggi che si vorrebbero antitetici ma che non lo sono così tanto e si inseguono e si evitano lungo un arco di tempo di 15 anni,al termine dei quali la Storia avrà preso un altro corso e i destini saranno riscritti.
Se da una parte c’è Féraud che persegue sulla strada del duello come espressione forzata del proprio onore,poiché in lui non vi è coscienza della lotta come esemplificazione di un principio che la giustifichi,dall’altra D’Hubert accetta la proposta più per l’impossibilità di rinunciarvi,in quanto il suo ruolo non lo permette,che non per la sicurezza di poterla effettivamente sostenere.
E’ anche vero che,nonostante le due forti identità presentate,spesso,se non per tutto il film,si ha la sensazione che la messinscena prenda il sopravvento sui caratteri,e che i due ne escano un po’ indeboliti e non pienamente giustificati.
La direzione degli attori è da sempre la pecca di Ridley Scott che non riesce a pretendere dai due protagonisti un pieno possesso dei due personaggi,per preferire una completa immersione nell’umido torpore autunnale dello scenario naturale,come nell’inospitalità del gelo della steppa che li vede fronteggiarsi solo con gli sguardi,per un regolamento di conti di là da venire.
Una pastosa,ovattata fotografia concede un apparente assopimento nel quale in realtà matura la definitiva estinzione di uno scrupolo che non aveva motivo di nascere,e il cast di contorno,che troviamo superiore ai due protagonisti,si stringe intorno all’uno o all’altro,disegnando anche qualche incisivo personaggio femminile.
Da vedere,oltre che per le qualità pittoriche sui cui si indugia anche troppo,per un finale che restituisce l’onore a quei principi che non contemplano l’epilogo cruento,dove un soldato avrà diritto di decidere una condotta che appare il più crudele dei destini.
Comparsata di lusso del sempre egregio Finney,attore che divorerebbe facilmente buona parte del cast.Ma per conoscerlo meglio,è ovviamente consigliabile di rivolgersi altrove.
Soave e un po’ anonima damina che attende,come direbbe James,che arrivi un uomo a fornirle un destino. Più che lei è da segnalare la notevole di Diana Quick,fremente e senza la cecità maschile sul senso della salvezza di sé.
La giusta tracotanza,il giusto furore per rendere il morente onore di Féraud,anche se è un po’ difficile credere che la sua faccia da mastino del Bronx abbia molto a che fare con un ufficiale devoto all’imperatore.
Allampanato,elegante rappresentante di un’identità diligente e non esattamente coraggiosa,ha un pacato bagliore fisico notevole per differenziarsi dal cupo,notturno Keitel
La scelta di Scott è quella di muoversi tra due paesaggi imperdibili:quello della natura e quello dei volti. Dove ha quasi sempre più senso,per lui,soffermarsi sui primi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta