Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
“La verginità di una donna è un orzaiolo nell’occhio del diavolo”, sentenzia il (falso?) proverbio irlandese citato nella didascalia iniziale: è appunto ciò che affligge Satana per colpa di Bibi Andersson, figlia di un pastore protestante decisa ad arrivare illibata al matrimonio (non senza prima aver baciato 50 uomini oltre al fidanzato, però). Satana, un buon Diavolo che ricorda quello de Il cielo può attendere ed è riuscito a trovare un modus vivendi accettabile con il Signore del piano di sopra pur nella perdurante rivalità, su consiglio dei due sornioni nobili settecenteschi che lo assistono decide di andare sul sicuro e manda sulla terra addirittura Don Giovanni in persona con la missione di sedurre la ragazza, promettendogli in cambio uno sconto di pena: lo accompagnano il servitore Pablo (che si occuperà di risvegliare desideri sopiti nella madre della ragazza), un demonio vestito da frate e un gattone nero. Divertissement leggero ma tutt’altro che frivolo, con dialoghi arguti sullo stile di Sorrisi di una notte d’estate. Nell’eterna commedia dei sentimenti messa in scena vince ancora una volta l’amore: però, siccome Bergman non può certo far trionfare i valori familiari sic et simpliciter, in un finale beffardo anche Satana trova la sua piccola rivincita e guarisce. Una gradevole parentesi incuneata fra il nerissimo La fontana della vergine e la trilogia sul silenzio di Dio.
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