Regia di Pier Paolo Pasolini, Giovanni Guareschi vedi scheda film
Premessa: ho visto solo la prima parte, quella che mi interessava. La voce di commento è molto enfatica e ostentatamente poetica, ma sintetizza abbastanza efficacemente il pensiero di Pasolini: il senso della Storia va cercato dove l'uomo è meno civilizzato, e quindi più refrttario ai condizionamenti della società e dell' "industria del progresso". Dunque il film vuole dare voce ai paesi del terzo mondo e non industrializzati, all' Africa, ai "negri" (i selvaggi), secondo la poetica che lo portò ad esordire dando voce al dialetto dei contadini friulani, e a scegliere di andare ad abitare nelle borgate romane.
Come suona diversa la parola "rivoluzione" in questo film, oggi invece sembra svuotata di senso, evocata non da istanze di cambiamento, ma di immobilismo ossessivo.
Questo film non è sicuramente tra i più riusciti di Pasolini, ma è notevole perchè sperimenta un genere di cinema che prefigura Guy Debord (al quale si sono ispirati i creatori di Fuori Orario) e l'ultimo Godard, nel tono quasi apocalittico della descrizione della nostra società, come un meccanismo perverso destinato ad annientare l'uomo, in cui l'intellettuale non può far altro che rivestire il ruolo del martire, e commentare con la propria voce l'orrore che le immagini della "società dello spettacolo" celano.
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